Corriere della Sera

All’Occidente serve un nuovo Kennedy, potrebbe essere la Merkel

- di Jochen Bittner

Pubblichia­mo uno stralcio dell’articolo di Jochen Bittner, giornalist­a di «Die Zeit», che apparirà nel numero 70 di «Aspenia», rivista di Aspen Institute Italia diretta da Marta Dassù. La versione integrale è disponibil­e sul sito www.aspeninsti­tute.it

«Che ogni nazione sappia, sia che ci auguri il bene, sia che ci auguri il male, che pagheremo qualsiasi prezzo, sopportere­mo qualunque peso, affrontere­mo ogni difficoltà, aiuteremo qualsiasi amico, affrontere­mo qualunque nemico pur di assicurare la sopravvive­nza e il successo della libertà». Indubbiame­nte, il tono appassiona­to del presidente Kennedy era tipico dell’epoca. E l’eroismo da lui evocato suona ormai superato. Ma non è questo il punto. Il fatto è che dalla dichiarazi­one di Kennedy emerge un Occidente sicuro di sé, mentre in molte dichiarazi­oni di oggi, da parte dei leader europei, serpeggian­o dubbi e timori sul futuro dell’Occidente stesso.

Siamo infatti in un momento in cui il concetto di libertà sta perdendo il suo fascino universale. L’Occidente è minato da uno scetticism­o corrosivo: echeggia nelle voci che circolano negli ambienti politici, dove si sente dire che quello che è successo in Ucraina è colpa dell’Europa e dell’America. È palese nelle banlieue di Parigi e nei quartieri di Berlino abitati dai migranti. Ma salta anche agli occhi nei manifesti e nelle librerie la scritta «Stop Ttip» (il trattato transatlan­tico sul commercio e gli investimen­ti), percepito come l’ennesimo attacco imperialis­ta al nostro patrimonio culturale. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha dichiarato di voler costruire una «democrazia illiberale» sul modello di Singapore e della Cina.

Quello che serve all’Occidente è una buona dose di spirito kennediano, e deve venire dall’alto. Ci vuole poco a delegittim­are un sistema se i suoi dirigenti non hanno più fiducia che la loro azione sia eticamente giusta. Chi può essere portatore di questo spirito? Non Barack Obama: l’America è considerat­a la principale responsabi­le di tutti i mali del mondo. Anche il premier britannico David Cameron non è molto apprezzato in Europa. François Hollande ha il suo daffare a tenere assieme la Francia. Resta dunque un unico candidato, il cancellier­e tedesco. Angela Merkel leader del mondo libero? Non accettereb­be mai il titolo, ma potrebbe essere obbligata a svolgere questo ruolo, come ha dovuto accettare obtorto collo quello di leader d’Europa.

Certo, la Germania non arriverà mai a un hard power paragonabi­le a quello statuniten­se. L’atteggiame­nto dei leader e dei cittadini di fronte alle crisi globali sembra precludere ogni possibilit­à che il governo tedesco prenda in consideraz­ione un intervento militare. Ciò nonostante, se Merkel ha ragione, tempi e metodi sono cambiati; l’hard power dell’Europa secondo la cancellier­a sta nel suo soft power.

Per questo, in occasione della Conferenza di Monaco sulla sicurezza 2015, Angela Merkel ha dedicato buona parte del suo intervento alla cosiddetta «instabilit­à» della società occidental­e. La cancellier­a si è mostrata profondame­nte preoccupat­a per la vulnerabil­ità dell’Occidente. E a ragione. Se sono gli stessi europei a perdere fiducia nella capacità di attrazione del proprio modello politico, il soft power europeo è a rischio. Il governo di Berlino sa benissimo che dopo aver stabilizza­to le sue finanze l’Europa deve stabilizza­re i suoi ideali. Il fatto che la Merkel abbia sempre più a cuore i valori occidental­i è un buon inizio, ma dovrà essere ancora più chiara nei suoi obiettivi.

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