Corriere della Sera

«Racconto un sogno di pace attraverso la guerra»

- Di Alessandro Beretta

Per l’ultimo appuntamen­to in agenda nel calendario di BookCity, oltre seicento lettori hanno riempito la sala e il foyer del Teatro Franco Parenti per la prima presentazi­one di Non luogo a precedere (Garzanti), il nuovo romanzo di Claudio Magris, che ne ha discusso con Ferruccio de Bortoli, ex direttore del «Corriere» e presidente di Longanesi.

Un’opera sugli orrori della guerra e sulla memoria, nata da uno spunto reale: il progetto del professore Diego de Henriquez che raccolse per tutta la vita armi e oggetti di guerra per allestire un museo che, ricordando la violenza, portasse alla pace. Un progetto segnato dalla morte dell’ideatore, in un rogo doloso, nel 1974.

Lo scrittore triestino ha costruito un romanzo a più voci, in un lavoro durato anni, e ne ha ripercorso nell’incontro la genesi: «Tutto è iniziato nel 2009, quando ho vinto a Francofort­e il Premio della Pace dell’Associazio­ne dei librai tedeschi. È stato allora che ho pensato istintivam­ente a de Henriquez, un uomo che aveva questo sogno di pace legato a una fascinazio­ne per la guerra. Il museo che immaginava avrebbe dovuto contenere tutte le guerre e mi interessav­a raccontare la mania, che è coatta e sterile, quasi feticista, nella raccolta degli oggetti, ma che è anche la mania divina degli antichi greci, il porre la propria vita completame­nte al servizio di un’idea». Ferruccio de Bortoli e Claudio Magris ieri sera al teatro Franco Parenti

Oggetti come un obice di Caporetto o le marmitte da campo aprono diverse sale e lanciano diverse storie nel romanzo, mentre la protagonis­ta femminile Luisa cerca di ordinarli, anche se il cuore della violenza rimane la Risiera di San Sabba, a Trieste, dove per due anni, sul finire della Seconda guerra mondiale, vi fu l’unico forno crematorio in territorio italiano.

«Nel labirinto del romanzo — ha detto Magris — la Risiera è come il Minotauro ed ho dovuto fare lunghe ricerche anche perché la tragedia, vi bruciarono migliaia di prigionier­i, sembrava scomparsa anche nella memoria antifascis­ta». Mentre ora, nuovamente, è al centro del romanzo con un portato simbolico e storico indelebile.

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