La conduttrice Ruby Rose: non mi sento né donna né uomo
Ci vuole coraggio a definire valletta una donna come Ruby Rose. Oltre la gonna (stranamente lunga) c’è molto di più. Ventinove anni, due occhi che parlano e un catalogo di 60 tatuaggi sul corpo, più il ritocco di un piercing sul capezzolo sinistro. Una bellezza difficile da catalogare, una passione ( artistica) per Taylor Swift e quel nome all’anagrafe che è un tributo al nonno che di lavoro faceva il pugile.
Al fianco di Ed Sheeran, che di rosso invece ha i capelli, sul palco Ruby porta tutta la sua voglia di fare a pugni col mondo, mescolando il passato di modella a quello da vj a Mtv Australia. Il capello un po’ meno corto del solito: chi la conosce bene sa che è indice del suo umore. Che ora è molto meno nero che in passato.
Australiana di Melbourne, negli ultimi tempi è stata soprattutto buona dj e discreta attrice grazie alla serie Orange Is the New Black (prossimamente su Netflix) in cui veste i panni di una detenuta che fa innamorare le compagne di cella. Ruby, l’icona gay. Che a 12 anni spiazzava le compagne di banco dichiarando la sua omosessualità. Una adolescenza complicata, nel segno della depressione e con un tentato suicidio dopo aver incassato le botte di un gruppo di bulli perché aveva provato a reagire agli insulti. Una depressione che ancora rimbalza a stagioni alterne e la costringe ogni tanto a svuotare l’agenda degli impegni. «A 5 anni ero convinta di essere un maschio, oggi non mi sento né uomo né donna: scelgo il genere sessuale a cui appartenere ogni mattina» racconta lei, fidanzata con la disegnatrice Phoebe Dahl. «Quando ho iniziato a essere me stessa, molta gente ha cominciato a prendermi come riferimento: ho presentato un programma alla radio, realizzato una linea di abbigliamento, sono stata volto della fashion week e di un programma tv con i bambini». E oggi è lì al centro dell’arena. Sotto un bombardamento di luci che sembra scansare con la sua sottile scorza dura di donna moderna.