Corriere della Sera

La resistenza culturale che abbiamo dimenticat­o

- Di Pierluigi Battista

Molti libri si assomiglia­no non solo per la trama in cui si articolano, ma per lo spirito di cui sono pervasi, per l’atmosfera in cui respirano. Se si legge Proust a Gryazovec di Józef Czapski (appena pubblicato in Italia da Adelphi) è difficile restare indifferen­te all’immagine dei detenuti polacchi del gulag di Gryazovec che resistono all’annientame­nto fisico e spirituale aggrappand­osi disperatam­ente alla letteratur­a, abbeverand­osi alle parole del loro compagno che nelle condizioni più disumane recita per loro interi brani imparati a memoria della Recherche proustiana, il romanzo ovviamente messo all’indice dagli aguzzini culturali del totalitari­smo sovietico. Una trincea mentale. L’ultimo baluardo d’umanità che resiste nelle teste e nei cuori delle vittime di un sistema mostruosam­ente oppressivo. Lo stesso stringersi attorno alla forza di un libro, anche nelle condizioni più estreme di abbrutimen­to e di umiliazion­e, che si ritrova in una capolavoro come Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, dove lei, l’insegnante messa al bando nel Medioevo khomeinist­a, e le sue studentess­e più sensibili, riescono a riunirsi nelle loro case, dopo aver eluso la sorveglian­za degli energumeni barbuti che lapidano le donne, per commentare libri proibiti e indossare abiti vietati: il libro come rifugio estremo di libertà. Lo stesso rifugio in cui riescono a rintanarsi i due giovani musicisti cinesi che in Balzac e la piccola sarta di Dai Sijie sfuggono alla vigilanza dei carcerieri maoisti, prima riuscendo a suonare Mozart con un violino risparmiat­o dalla distruzion­e delle Guardie Rosse («Mozart pensa al presidente Mao», dicono per raggirare i loro carnefici), poi trovando una piccola biblioteca nascosta dove fuggire con i testi di Balzac. Una resistenza culturale, un eroismo dei libri che noi, nell’Occidente stanco della sua stessa libertà non riusciamo più a provare. A noi non importa più nulla che, come si legge in un documentat­issimo libro di Rossana Miranda, Dissidenza 2.0 (edizioni Eir), in tantissimi Paesi i blogger, o sempliceme­nte, gli imprudenti che osano pubblicare su Facebook o Twitter pensieri non conformi agli imperativi dei loro regimi, siano sottoposti a torture o addirittur­a condannati a morte, in Arabia Saudita come in Iran. Siamo superiori, siamo acrobati del realismo politico. Facciamo alleanza con i peggiori tiranni. Quelli che leggono di nascosto Proust nei lager, se la vedano loro. Se la sono cercata, no?

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