Corriere della Sera

Marino, i tormenti dei dem romani I 19 consiglier­i: il premier dia la linea

Riunione serrata, poi il documento. Gabrielli: mangerò il panettone con lui? Chi lo sa?

- Ernesto Menicucci

«Ogni futura decisione sarà condivisa e concordata col partito di cui facciamo parte e di cui fanno parte gli eletti a tutti i livelli». C’è voluta un’ora e mezza di riunione, a tratti anche serrata, per far uscire dal gruppo del Pd al Campidogli­o questa posizione rispetto alla «crisi Capitale» di questi giorni. Perché poi, se Ignazio Marino dovesse ritirare le dimissioni (il count down galoppa: ora mancano sei giorni al termine), il «cerino» rimarrebbe al Pd, sempre più dilaniato.

Non tanto, o non solo, sul proseguire o meno l’avventura col « comandante Ignazio » , quanto sulla gestione del partito da parte di Matteo Orfini. Un anno difficile, iniziato con «Mafia Capitale», proseguito col famoso rapporto di Fabrizio Barca (quello dei circoli «cattivi e pericolosi») e finito con l’ondivagare delle posizioni sul sindaco, dal «non parliamo di viaggi e scontrini», all’addio in fretta e furia. In mezzo al guado, ci sono i consiglier­i dem dell’aula Giulio Cesare, ai quali toccherebb­e il ruolo di «sicari»: attraverso le dimissioni in massa (la strada preferita) o con la mozione di sfiducia (molto più complicata politicame­nte), operazioni entrambe da fare con le opposizion­i.

Ieri il gruppo si è riunito nella sede di via del Tritone. E, seppur tra mille tormenti, con 6-7 interventi scanditi dallo stesso leitmotiv («intervenga Renzi, ci metta la faccia lui e ci dia la linea da seguire»), la sintesi venuta fuori appare unitaria: «Ribadiamo — si legge nel documento — con grande nettezza che il gruppo consiliare e il Pd sono tutt’uno nel giudicare l’amministra­zione Marino». E ancora: «La posizione non è cambiata rispetto al 12 ottobre, giorno delle dimissioni del sindaco». Seguono le firme dei 19 consiglier­i, dal capogruppo Fabrizio Panecaldo alla presidente dell’aula Valeria Baglio, fino a Michela Di Biase, moglie del ministro Dario Franceschi­ni. Certo, la sfiducia va evitata: «Non votiamo con le destre». E, prima di decidere, i consiglier­i dem vogliono garanzie statutarie, visto che chi vota contro il proprio sindaco potrebbe anche essere espulso. L’altro punto critico è Orfini, non citato nel comunicato: «Ce lo deve dire il premier cosa fare, di lui non ci fidiamo più», dice un esponente Pd.

Il Nazareno, da parte sua, ha già scaricato il sindaco. Secondo Franceschi­ni «in città c’era un malessere diffuso», mentre per Marco Causi «quello di Marino è un arroccamen­to senza sblocchi politici». E il sindaco? «Due cose sono chiare: non farà una lista civica e si muove ancora nel recinto del Pd, il suo partito», dicono i suoi. Il prefetto Franco Gabrielli se la cava con una battuta: «Mangerò il panettone con Marino? Chi può dirlo? Se non cambia nulla, il 2 novembre nomino il commissari­o».

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