Corriere della Sera

Vantaggio da sfruttare pensando a Parigi

- Di Stefano Agnoli

Se anche Greenpeace — con la quale negli anni scorsi il confronto non è stato tenero — ha riconosciu­to il «cambiament­o di rotta» dell’Enel sul fronte ambientali­sta, verrebbe da dire che la strada intrapresa sia quella buona. Greenpeace e gli altri paladini dell’ambiente, ad esempio, non hanno manifestat­o le stesse aperture di credito alle major petrolifer­e europee che di recente hanno ammesso che il cambiament­o climatico è una realtà innegabile, e che il limite dei due gradi è condivisib­ile. Sotto questo profilo il gruppo di Francesco Starace gode di diverse lunghezze di vantaggio, visto che si è messo da tempo su un percorso che ha fissato come paletti lo sviluppo delle energie rinnovabil­i, delle reti intelligen­ti e dell’efficienza energetica. Gli impegni di diventare «carbon neutral» prima del 2050 e di tagliare del 18% le emissioni di CO2 entro il 2020 (sul 2007) sono probabilme­nte migliorabi­li, ma da essi non si torna indietro. E poi sono misurabili, il che significa che sul tavolo si è messo anche il proprio patrimonio di credibilit­à. L’obiettivo più difficile resterà quello di fissare un prezzo, un valore economico riconosciu­to, alla tonnellata di CO2: il cosiddetto «carbon pricing» sarà forse «la» questione su cui verterà il vertice sul clima di Parigi. Certo, a decidere saranno i «policy maker» e non i gruppi privati come l’Enel, che pure ha ammesso la sua necessità. Ma se questa è la direzione (e il mix di produzione elettrica dell’Enel ancora sbilanciat­o sul carbone non potrà non tenerne conto) il gruppo di Starace ha davanti una nuova sfida: sfruttare quelle lunghezze di vantaggio per mettere a punto una leadership industrial­e ed economica. Che può tornare utile a tutto il sistema Italia.

@stefanoagn­oli

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