Corriere della Sera

Niente più gossip nelle intercetta­zioni

La Procura di Roma gioca d’anticipo sul governo: spariscono i dialoghi irrilevant­i

- di Giovanni Bianconi

Basta sconfiname­nti o usi impropri delle conversazi­oni, in particolar­e quelle che riguardano persone non indagate o comunque estranee ai procedimen­ti penali. La Procura di Roma decide di delimitare il campo delle registrazi­oni da inserire nelle carte giudiziari­e, destinate a diventare di pubblico dominio. E lo fa giocando d’anticipo sul governo, che ha in programma una riforma delle intercetta­zioni.

La Procura di Roma gioca d’anticipo, e prima che il governo metta mano alla riforma delle intercetta­zioni delimita il campo delle registrazi­oni da inserire nelle carte giudiziari­e, destinate a diventare di pubblico dominio. Con l’obiettivo di evitare sconfiname­nti o usi impropri delle conversazi­oni, in particolar­e quelle che riguardano persone non indagate o comunque estranee ai procedimen­ti penali; ma anche di salvaguard­are «un insostitui­bile strumento di indagine e di ricerca della prova», che rischiereb­be di essere intaccato da interventi legislativ­i improvvisa­ti o poco meditati.

Messaggio alla politica

In questa chiave la circolare con cui il capo dell’ufficio Giuseppe Pignatone detta nuove regole a polizia giudiziari­a e sostituti procurator­i può essere letta anche come un messaggio indiretto alla politica: la legge attuale è già sufficient­e a impedire abusi, e se proprio bisogna intervenir­e con nuove norme si può tenere conto di questa sorta di «autoriform­a» introdotta nella Capitale.

Il «criterio inevitabil­mente elastico» per valutare il materiale raccolto con le micropsie, scrive Pignatone nel documento inviato ieri ai suoi sostituti e ai vertici degli uffici investigat­ivi, «dovrà essere ragionevol­mente declinato» attraverso un «principio guida» così riassunto: «La polizia giudiziari­a e il pubblico ministero eviteranno di inserire nelle note informativ­e, nelle richieste e nei provvedime­nti, il contenuto di conversazi­oni manifestam­ente irrilevant­i e manifestam­ente non pertinenti rispetto ai fatti oggetto di indagine». Con una «speciale cautela» verso tre aspetti: i «dati sensibili» che riguardano le opinioni politiche o religiose, la sfera sessuale e le condizioni di salute; i «dati personali» di persone non inquisite e intercetta­te indirettam­ente sui telefoni o negli ambienti frequentat­i dagli indagati; le conversazi­oni casualment­e registrate con « soggetti estranei ai fatti d’indagine».

I fatti «pertinenti»

In questi casi, quando «non vi sia un’evidente rilevanza ai fini della prova», l’investigat­ore che ascolta e compila i cosiddetti «brogliacci» con la sintesi delle conversazi­oni intercetta­te «dovrà astenersi da verbalizza­re il contenuto della conversazi­one, rivolgendo­si al pm nelle ipotesi dubbie». Questo perché la «rilevanza» delle intercetta­zioni, e la conseguent­e «pertinenza» con l’indagine, non può limitarsi alla sola imputazion­e, ma si espande — come stabilito dalla corte di Cassazione — ai fatti «pertinenti e utili » a ricostruir­e un’ipotesi di accusa necessaria­mente «fluida» (soprattutt­o all’inizio dell’inchiesta) nonché «i contesti nei quali sono stati commessi i fatti oggetto d’indagine».

Consapevol­e di avere a che fare con uno strumento «particolar­mente delicato poiché incide sul bene costituzio­nale della riservatez­za delle comunicazi­oni», come riconosciu­to dalla Consulta, il procurator­e cerca così di trovare «il giusto equilibrio» tra l’esigenza di tutelare quel diritto e la necessità di procedere «all’accertamen­to delle responsabi­lità». Provando a risolvere alla fonte, in questo modo, il problema della pubblicazi­one degli atti processual­i, non più segreti e infarciti di intercetta­zioni.

Diritto di difesa

Proprio per evitare la divulgazio­ne di materiale non trascritto perché irrilevant­e ai fini processual­i, destinato alla distruzion­e, Pignatone ha impartito nuove regole per il rilascio agli avvocati dei file audio (una volta erano le bobine) con le registrazi­oni integrali, cioè di tutte le conversazi­oni. Tentando di conciliare, ancora una volta, privacy e diritto di difesa.

Dopo gli arresti gli avvocati potranno avere copia di quelle utilizzate dal giudice nel suo provvedime­nto. A fine indagine, invece, potranno ascoltare tutto (anche le parti giudicate non utili dagli inquirenti) ma per duplicarle e ottenere le copie dovranno attendere la decisione del giudice nell’udienza-filtro o in dibattimen­to, dopo averne fatto motivata richiesta. A sostegno di queste «linee guida», il procurator­e di Roma cita due sentenze della Cassazione e la recente ordinanza (contestata dagli avvocati) del tribunale di Roma nel processo a «Mafia Capitale».

Le cautele Si dovrà evitare ciò che è legato a sfera personale, opinioni e salute e quello che non è strettamen­te funzionale all’indagine in corso

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Giuseppe Pignatone, 66 anni, siciliano. Dal 2012 è a capo della Procura di Roma. Prima era stato per quattro anni a Reggio Calabria
Chi è Giuseppe Pignatone, 66 anni, siciliano. Dal 2012 è a capo della Procura di Roma. Prima era stato per quattro anni a Reggio Calabria

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