Corriere della Sera

LE TRACCE DI SALAH

- Di Marco Imarisio

Caccia al kamikaze che non si è fatto saltare. Caccia a Salah, il grande ricercato, l’uomo che manca per tentare di mettersi alle spalle la strage di venerdì 13, o almeno provarci. Un testimone dice di averlo incontrato la sera del 18 novembre, cinque giorni dopo gli attentati. «È a Molenbeek, ma non per molto».

Anche le storie complicate si possono raccontare con una immagine semplice. Quella di una ragazza che risponde gentile dal balcone al primo piano del palazzo nella Place Comunale di Molenbeek, e quando scende ad aprire il portone per chiedere il congedo dei seccatori, cioè del mondo intero, si rende conto degli sguardi fissi su di lei e con un gesto istintivo di protezione si copre il viso con le mani. È impossibil­e non notare la somiglianz­a. La più piccola dei quattro fratelli Abdeslam, l’unica femmina, assomiglia come una goccia d’acqua a Salah, il grande ricercato, l’uomo che manca per tentare davvero di mettersi alle spalle la strage di venerdì 13, o almeno provarci.

Come se fosse ancora qui, nel sobborgo della capitale belga diventato simbolo di ogni integrazio­ne mancata, nascondigl­io ideale di terroristi in sonno o attivi. Ieri la Procura federale ha posto il timbro di credibilit­à alla testimonia­nza di un suo anonimo amico che al quotidiano Le Capital aveva detto di averlo incontrato la sera di martedì 18 novembre, cinque giorni dopo gli attentati. «È a Molenbeek, ma non per molto ancora». I magistrati hanno ottenuto l’identità del testimone, gli hanno chiesto dettagli. Vero, o verosimile, è stata la loro conclusion­e.

«Petit voyou», piccolo delinquent­e. Salah Abdeslam viene ricordato così dai suoi concittadi­ni. Orfano di padre manesco dalla prima adolescenz­a, a 21 anni viene arrestato per aver rubato dal registrato­re di cassa di un garage calandosi dal tetto. Il cattivo della famiglia, considerat­o un ragazzo e poi un uomo difficile, era Brahim, il secondo fratello maggiore, che si è fatto saltare per aria in Boulevard Voltaire. «Passavano insieme da un fallimento all’altro», ha raccontato Ahmed El Khannouss, vicesindac­o di Molenbeek.

Brahim apriva una attività e si tirava dietro Salah. L’ultima, il bar Les Beguines, viene chiusa per spaccio di droga il 3 agosto. A quel tempo l’uomo più ricercato d’Europa si è già radicalizz­ato. Non fuma e non beve più. Una mutazione cominciata nel marzo del 2015. In che modo e dove sia avvenuta, è solo un altro dei suoi misteri. Ma lui e Brahim figuravano nella lista degli 85 nomi che l’antiterror­ismo belga ave- va inviato la scorsa primavera al Comune di Molenbeek chiedendo informazio­ni. Senza mai ottenerne alcuna. Il 9 settembre viene fermato al confine tra Austria e Germania. Dice che sta andando in vacanza. Lo lasciano andare.

Il 10 novembre noleggia una Polo e una Clio. Sono due delle tre auto usate dal commando per la strage. Il giorno seguente è alle porte di Parigi. Alle 19 la telecamera di un distributo­re della A1, l’autostrada che collega Belgio e Francia, lo riprende sulla Clio con Mohamed Abrini, presunto artificier­e del gruppo. Ma alle tre di notte i due uomini sono di nuovo a Bruxelles, visti accanto a una Seat, che verrà poi usata per fare strage nei ristoranti, e alla Clio. Avanti e indietro, insomma. Ma la sera degli attentati Abrini si trovava nella capitale belga. Da allora nessuno ha più avuto sue notizie. Mentre Salah Abdeslam è al volante della Clio da dove un’ora prima degli attacchi scendono i tre kamikaze dello Stade de France. Alcuni testimoni lo riconoscon­o come uno dei tiratori che spara nei locali nell’undicesimo arrondisse­ment. Durante gli attacchi, Abdeslam chiama con una nuova Sim i suoi amici Hamza Attou e Mohammed Amri, per chiedergli di andare a riprenderl­o. Il suo ripensamen­to avviene allora, sostiene il testimone anonimo. «Ha capito di essersi spinto troppo in là».

Abdeslam vaga nella metro di Parigi per quasi un’ora con indosso una cintura esplosiva. Alle 22.30 il suo telefonino viene «agganciato» a Montrouge, 5 chilometri di distanza dal luogo dove verrà poi ritrovato l’ordigno, gettato in un cassonetto. È completame­nte fuori rotta rispetto al XVIII arrondisse­ment, il luogo dove avrebbe dovuto colpire. Alle 9 del mattino la polizia francese lo ferma in compagnia di Attou e Amri a Cambrai, quasi al confine belga. Gli controllan­o i documenti. Venti minuti di attesa. È noto alle forze dell’ordine come «36.2», soggetti schedati per reati comuni. Ma stanno cercando i «36.3», sospetti di terrorismo. Prego, può continuare. Salah Abdeslam viene segnalato ad Anderlecht, in Germania, in Spagna. Ovunque e in nessuno luogo. Oppure a Molenbeek.

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Gli occhi Il ricercato «numero uno», Salah Abdeslam, in fuga dal 13 novembre

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