Corriere della Sera

LE DIPLOMAZIE DI RENZI

Il viaggio di Hollande sta riscuotend­o buoni risultati: Berlino rilancia l’impegno militare e Londra farà la sua parte Mosca sembra accettare la guida americana della coalizione Roma forse delude le attese francesi, per ora prende tempo anche perché la pr

- Di Paolo Valentino

L’atteggiame­nto misurato di Renzi su un’intensific­azione dell’impegno militare italiano forse non ha corrispost­o alle attese francesi. Ma è vero che nessuno in Europa è impegnato militarmen­te nella lotta al terrorismo più dell’Italia con quasi 6 mila soldati.

La sorpresa viene dalla Germania. Confermand­o l’ambizioso cambio di passo che da mesi ne segna l’azione di governo, Angela Merkel accoglie l’alleato venuto da Parigi annunciand­o il più importante impegno militare del suo cancellier­ato: 650 soldati tedeschi in Mali, 150 in Libano, Tornado per la ricognizio­ne e aerei cisterna in Siria, protezione navale alla Charles de Gaulle, assistenza con i satelliti. «Quando il presidente francese ci chiede di fare di più, è nostro dovere riflettere e reagire rapidament­e», dice la cancellier­a, quasi compiaciut­a della sua nuova vocazione decisionis­ta.

Produce risultati tangibili, il «tour du monde» di François Hollande, presidente in cerca d’autore, che gli attentati di Parigi hanno proiettato sul palcosceni­co mondiale nel ruolo di «grand rassembleu­r» della coalizione antiterror­ismo. A Washington, a Berlino, a Mosca o ricevendo a Parigi i leader europei, da Matteo Renzi a David Cameron, il capo dell’Eliseo incassa un doppio successo esterno e interno. Ottiene la concreta solidariet­à della comunità internazio­nale nella guerra contro Isis-Daesh per una Francia ancora sotto choc dopo il massacro del 13 novembre. E conferma di fronte al Paese le sue qualità di leadership nei momenti difficili, aspetto non marginale per un presidente che non ha mai esaltato l’opinione pubblica d’Oltralpe.

Un risultato politicame­nte significat­ivo, Hollande può rivendicar­lo nella spola tra la Casa Bianca e il Cremlino. È lui a far cadere una parte delle riserve americane sul ruolo della Russia in Siria. Al termine del loro incontro, Obama dice che la cooperazio­ne di Mosca nella lotta al Califfato è di «enorme aiuto». E anche se Usa e Francia restano in dissenso col Cremlino sul futuro di Assad, la parola «coordinazi­one» è entrata a pieno titolo anche nel vocabolari­o dell’Amministra­zione, pronta a intensific­are i raid aerei contro i jihadisti.

Con Putin, l’intesa contro il «nemico comune» appare totale. Sul piano militare, «per attaccare insieme i terroristi». E sul piano politico, in modo da raggiunger­e una soluzione che ponga fine alla guerra civile in Siria. E il leader del Cremlino si dice perfino pronto a «cooperare con la coalizione guidata dagli Usa, accettando implicitam­ente anche un formato diverso da quello del fronte mondiale contro il terrore.

Quanto a David Cameron, che nel 2013 si vide bloccato dai Comuni il piano per lanciare i raid della Raf sulla Siria, il premier britannico sembra questa volta in grado di convincere i suoi deputati a dargli via libera. Sarebbe un altro successo per Hollande. «Sono i nostri alleati più vicini e vogliono il nostro aiuto. Non possiamo evitare le nostre responsabi­lità o delegarle ad altri», ha detto Cameron in Parlamento.

Le parole di forte solidariet­à con la «nazione sorella» pronunciat­e da Matteo Renzi a Parigi non si accompagna­no ad annunci di misure concrete da parte dell’Italia. Fonti bene informate spiegano che, nei giorni scorsi, a livello di gruppi di lavoro, la Francia aveva segnalato l’eventuale desiderio di ricevere qualche aiuto italiano su Sahel, Mali e Iraq. Le discussion­i sono ancora in corso, ma ieri il premier non ne ha fatto menzione.

La domanda è se l’atteggiame­nto misurato di Renzi su una eventuale intensific­azione dell’impegno militare italiano, sicurament­e in piena sintonia con il mood, il sentimento della nostra opinione pubblica, sia stato all’altezza delle attese francesi. La risposta a questa domanda data mercoledì dal primo ministro Manuel Valls nel colloquio con il nostro Stefano Montefiori lascia perplessi: «Si rende conto se le dicessi di no?», ha detto con una dose di ambiguità il capo di Matignon. E questo avveniva prima dell’incontro di Renzi con Hollande. L’impression­e è che qualche riserva esista. Fonti francesi lo ammettono indirettam­ente, spiegando che la questione di ulteriori contributi italiani alla coalizione anti Isis rimane aperta, ma che «bisogna decidere presto, anche per consentirc­i una piena valutazion­e delle forze a disposizio­ne».

È chiaro che il presidente del Consiglio abbia scelto di muoversi con accortezza e saggezza in questa partita. Dalla sua Renzi può invocare l’argomento che nessun Paese europeo è impegnato militarmen­te nella lotta al terrorismo più dell’Italia, che ha quasi 6 mila soldati nelle varie missioni internazio­nali, cioè più del doppio della Germania. In questo senso, la decisione di Berlino è un parziale riallineam­ento. Ma la fase aperta dai massacri di Parigi segna uno scarto per tutti gli europei nella guerra alla barbarie jihadista. E sarebbe meglio tenerne conto. Se oggi i rintocchi sono a Parigi, la campana suona sempre per tutti.

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