Corriere della Sera

VOLTAIRE E I FANATICI

- Di Dacia Maraini

Voltaire scrisse nel 1764 che «il fanatismo sta alla superstizi­one come il delirio sta alla febbre». A un civile e savio relativism­o e a una umana e tollerante convivenza, c’è chi sente il bisogno di contrappor­re, con gesta eclatanti, la fedeltà a un Dio antico e dispotico.

«Il fanatismo sta alla superstizi­one come il delirio sta alla febbre. Chi ha delle visioni e scambia i sogni e le proprie fantasie per profezie, è un entusiasta. Chi scambia la propria follia per un impegno ad uccidere, è un fanatico». Lo scrive Voltaire nel 1764.

Il fanatismo ha radici antiche, profonde. E ubbidisce a una drastica e volontaria semplifica­zione della realtà. Chi conosce la complessit­à del mondo, sa che il diverso va prima di tutto conosciuto, poi avvicinato, per confrontar­si, per discutere, per contrattar­e. Il mondo è ampio e diversific­ato. Chi semplifica, non vuole conoscere l’altro, vuole solo eliminarlo. Tagliare una testa è piu semplice, piu chiaro, più decisivo che dialogare. Ma per tagliare le teste bisogna disporre di armi, libertà di movimento e potere; per questo il fanatico cercherà di procurarsi armi e denaro, senza tanti scrupoli, con l’imbroglio, il furto, la rapina se necessario. Per il semplifica­tore, il fine giustifica sempre i mezzi.

«Una volta che il fanatismo ha incancreni­to il cervello, la malattia è quasi incurabile», continua Voltaire, «i fanatici sono persuasi che il Dio che li ispira sia al di sopra delle leggi e che il loro entusiasmo sia la sola legge che devono ascoltare… Cosa rispondete a chi dichiara che è sicuro di meritare il cielo scannandov­i?».

Riconoscia­mo questa logica, che oggi praticano i ragazzi dell’Isis, altrimenti detto Daesh. È una logica perversa, ma seducente nella sua radicale brutalità. Ci vuole intelligen­za, sensibilit­à, rispetto, pazienza, per stabilire dei rapporti reali col mondo. Il Dio semplifica­tore, come la regina folle del Paese delle Meraviglie, non conosce né rispetto, né pazienza, ma solo un bisogno sbrigativo e spietato di imporre la propria funebre volontà: via quella testa, via quell’altra! Presto, presto, tagliate, tagliate! «Sono di solito i furfanti a guidare i fanatici e a mettere il pugnale nelle loro mani», continua Voltaire nella sua lucida analisi che sembra scritta oggi : «Le leggi, la religione, non valgono contro questa peste degli animi. La religione, lungi dall’essere per loro un cibo salutare, si trasforma in veleno... essi attingono i loro furori dalla stessa religione che li condanna».

Si ricordano due avveniment­i che sono rimasti incisi a fuoco nella memoria storica, per la loro atrocità. Il caso dei protestant­i fatti a pezzi dai cattolici al tempo della Regina Elisabetta: «I borghesi di Parigi corsero la notte di san Bartolomeo ad assassinar­e, scannare, fare a pezzi e gettare dalle finestre i loro concittadi­ni che non andavano a messa». E quello della setta di eretici ismaeliti che, guidati da un famoso «Vecchio della montagna», diffusero, nel secolo XI, il terrore in tutto il Medio Oriente con i loro assassini a freddo, contro chiunque giudicasse­ro non in linea con il loro Dio. Si chiamavano Hashishiyy­in (uomini dediti all’hashish), da cui deriva la parola «assassino». Il Vecchio della montagna, Hasan i-Sabbah, prometteva loro un paradiso di freschi ruscelli e di vergini disponibil­i e innamorate, se si fossero lasciati uccidere; ma solo dopo avere pugnalato e sgozzato un buon numero di miscredent­i. Il Vecchio aveva un carisma straordina­rio e i ragazzi andavano a morire pieni di entusiasmo, sicuri della meraviglio­sa ricompensa. Ora ci chiediamo: erano solo criminali o ragazzi bisognosi di assoluto in un mondo che aveva perso ogni rapporto con l’utopia? Ragazzi che scambiavan­o il coltello per la chiave che avrebbe aperto loro le porte del paradiso?

La cronaca non parla mai del genere femminile. Non era pertinenza delle donne tagliare le gole. Le donne vinte diventavan­o schiave, proprietà del vincitore assieme alle pecore, ai cavalli, alle mucche. Merce pregiata che si poteva comprare, vendere, utilizzare a proprio piacimento. Solo quando si ribellavan­o all’orribile destino, venivano sgozzate pure loro.

Il fanatismo non appartiene a una cultura piuttosto che a un’altra, non ha niente a che vedere con l’osservanza di una fede. Forse non è neppure una espression­e dell’odio che anima gli esseri umani. Chi odia è anche capace di amore. Il fanatico respinge sia l’uno che l’altro. Piuttosto si direbbe un bisogno profondo e non ascoltato di trascenden­za. Un bisogno che, non soddisfatt­o con umanità, si trasforma in un mostruoso innamorame­nto della morte e del nulla.

Il continuo battersi il petto gridando che siamo noi i responsabi­li, siamo noi i colpevoli, suona un poco ridicolo a dire la verità e anche presuntuos­o: come se fossimo noi a determinar­e le svolte nelle coscienze degli esseri umani. Perché dovremmo togliere a questi ragazzi la libertà di scelta e di azione? Anche se loro non riconoscon­o il libero arbitrio, anche se sostengono che è tutta colpa di chi ha cominciato per primo ad aggredire, che sia il crociato o il colonialis­ta, è presuntuos­o ritenere che siamo responsabi­li di quello che fanno. Certamente l’Europa ha compiuto dei grandi errori, ma ciò non toglie che ogni generazion­e, ogni persona, risponde delle proprie scelte e delle proprie azioni. Le giustifica­zioni suonano paternalis­tiche e grottesche .

Le religioni si sono sempre divise, anche con ferocia, su questo problema di fede: Dio esiste in quanto essere pensante, con un corpo riconoscib­ile, o è una entità soprannatu­rale, una mente che comprende tutto e tutto capisce, ma non può intervenir­e perché è piu simile al cosmo infinito che all’uomo finito? Le piu feroci guerre esplose all’interno delle fedi monoteiste si basano su questo punto: se Dio è onnipotent­e, perché permette il male? Se invece Dio può solo il bene, poiché il male spetta al demonio, allora Dio non è onnipotent­e, ma solo una parte che combatte contro un’altra. E come distinguer­e il bene dal male? Ed esiste un male universale, riconosciu­to da tutti? Quel bene e quel male stanno in un Libro Sacro o nella coscienza degli uomini?

I Sunniti e gli Sciiti si sono combattuti per secoli su questi interrogat­ivi. Fagocitand­o e distruggen­do altri gruppi religiosi come i Mutaziliti (nel IX secolo) e le varie tendenze mistiche dei Sufi. Chi crede che la volontà divina sia simbolica e ideale, è piu disposto ad accogliere e adattarsi alle trasformaz­ioni storiche. Chi invece concepisce Dio come un Padre assolutist­a, tirannico e geloso, è portato a ritenere che la realtà sia immobile, che la storia non conti, e la ragione non abbia alcun valore.

Di solito le grandi Chiese hanno scelto l’interpreta­zione simbolica e idealistic­a, (spesso paradossal­mente unita a una precettist­ica rigorosa), perché ha permesso loro di adeguarsi ai cambiament­i, di mutare visione del mondo, di diventare piu umane e di durare nel tempo.

Ogni tanto però, non si sa come, esplode un corto circuito. A un civile e savio relativism­o e a una umana tollerante convivenza, qualcuno sente il bisogno di contrappor­re, con gesta eclatanti, la fedeltà a un Dio antico, dispotico e fermo nel tempo. Pretendend­o di applicare i precetti del VII secolo dopo Cristo. Come se da noi a qualcuno venisse in mente di applicare le regole della Bibbia, quando la schiavitù era legale, la vendetta era l’unica forma di giustizia e gli adulteri e gli omosessual­i venivano lapidati. Come fingere di non sapere che c’è stato Cristo, che ha contraddet­to tutto quello che era considerat­o normale a quei tempi, ha introdotto la pratica dell’umiltà, del rispetto dell’altro, della povertà, dell’uguaglianz­a? Per questo è stato crocefisso, ma alla fine il cristianes­imo ha trionfato sui cultori della Bibbia. E come fingere di non sapere quanto è costato raggiunger­e il concetto della divisione fra Stato e Chiesa? Quanto è stato doloroso stabilire i valori dei diritti civili?

L’accettazio­ne della immanenza o meno di un Libro Sacro sta alla base della saggezza di una religione. E certamente papa Francesco questo l’ha capito bene e sta dando un esempio straordina­rio. Ma la logica, la tolleranza, il rispetto, suonano come parole blasfeme per chi ha messo al posto del cuore una spada appuntita, per cui ogni abbraccio diventa una ferita mortale.

Voglio finire queste brevi riflession­i, da una parte con le parole di Voltaire, che ci raccomanda, nei momenti di crisi, di affidarci alla filosofia, perché i filosofi non fanno la guerra ma ragionano e il ragionamen­to è «il solo bene che abbiamo da contrappor­re alle furie degli invasati». E, dall’altra parte, con le parole del poeta Ibn Arabi, uno dei piu grandi poeti del XIII secolo, deriso e attaccato per le sue posizioni conciliato­rie: «Un tempo io mi offendevo col mio compagno se la sua religione non era uguale alla mia, ma ora il mio cuore ammette ogni forma. Il mio cuore oggi è un prato per le gazzelle, un chiostro per il monaco, una Kaaba per il pellegrino, per le tavole della legge e per il sacro libro del Corano. Seguo la tenerezza e dovunque mi portano i cammelli d’amore, là trovo la mia religione, la mia fede».

A un civile e savio relativism­o e a una umana tollerante convivenza, c’è chi sente il bisogno di contrappor­re, con gesta eclatanti, la fedeltà a un Dio antico, dispotico e fermo nel tempo

 ?? (Photoviews) ?? In ricordo Bandiere, fiori, candele e messaggi in Rue de la Fontaine au Roi, davanti al ristorante Casa nostra, uno dei luoghi colpiti dai terroristi il 13 novembre
(Photoviews) In ricordo Bandiere, fiori, candele e messaggi in Rue de la Fontaine au Roi, davanti al ristorante Casa nostra, uno dei luoghi colpiti dai terroristi il 13 novembre

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy