Corriere della Sera

«Nazioni sorelle» Ma Renzi offre pochi aiuti a Parigi (e forse in Africa)

- di Marco Galluzzo

«Siamo due nazioni sorelle», ha detto ieri mattina Renzi all’Eliseo. Ma questo legame di sangue, di vicinanza, di storia, rivendicat­o e ostentato dal nostro primo ministro non si è tradotto finora in un passo concreto verso la Francia. La Cancellier­a Merkel aggiunge soldati in Africa, in modo da alleggerir­e l’impegno francese, annuncia che anche i Tornado tedeschi parteciper­anno alle operazioni, per noi il nostro impegno in Iraq è già sufficient­e. Ufficialme­nte, questo dicono a Palazzo Chigi e alla Farnesina, i francesi nulla ci hanno chiesto e noi nulla abbiamo dato.

Semplicist­ica, forse, la ricostruzi­one ufficiale della visita nasconde sicurament­e delle discrepanz­e. Nelle ultime ore i ministeri della Difesa dei due Paesi sono stati in contatto, e non è un segreto che i nostri militari vorrebbero una sorta di

upgrading del nostro impegno. Non è un segreto che sono stati presi in consideraz­ione sia un aumento del nostro contingent­e in Libano, sia una presenza in Mali, in entrambi i casi per consentire ai francesi di dispiegare i loro militari in altri teatri, in primo luogo in Siria e Iraq ovviamente, contro quello Stato islamico che «va distrutto», secondo un obiettivo che almeno in questo caso è comune e condiviso.

Resta la sensazione di una situazione sfilacciat­a, in cui alcune concession­i, o impegni concreti, implicano delle contropart­ite. Che magari stentano ad arrivare. Renzi è arrivato a Parigi portando la disponibil­ità di una completa condivisio­ne del lavoro dei servizi di intelligen­ce, sembra che anche questa volta, pur ferita, la Francia, per bocca di Hollande, non abbia rinunciato a fare ricorso a una presunta grandeur. Che in questo caso è sinonimo di rifiuto o di isolazioni­smo, a seconda delle angolazion­i o dei punti di vista.

Una cosa che il presidente francese ha concesso a Renzi è stata la citazione della Libia, il riconoscim­ento esplicito che può diventare una seconda Siria, ma anche in questo caso si fa fatica a riempire di contenuti il passo avanti. Una dichiarazi­one rimane agli atti, ma può anche essere priva di conseguenz­e. E in questo caso le richieste insistenti della diplomazia italiana, l’appello a tutti gli interlocut­ori a non sottovalut­are lo scenario libico, sono finora rimaste senza esiti. Del resto il fallimento della mediazione dell’inviato speciale dell’Onu non è stato al momento sostituito con un’altra proposta, nemmeno di marca italiana.

Forse nei prossimi giorni verrà annunciato qualcosa, i contatti fra i ministri della Difesa italiano e il collega francese continuera­nno, ma non ci sarà un cambio delle regole di ingaggio per i nostri Tornado che operano in Iraq, almeno ad ascoltare quello che raccontano a Palazzo Chigi: bastano e avanzano gli sforzi che stiamo già dispiegand­o; il che significa impiego dei nostri aerei solo per una fase di ricognizio­ne degli obiettivi, a cui si aggiunge un contingent­e dei carabinier­i che è appena stato aumentato, da 500 a 750 unità, per addestrare l’esercito iracheno.

D’altra parte, ha puntualizz­ato Renzi, l’Italia è già in campo in molti teatri: «Siamo impegnati in molti Paesi, tra i quali Libano, Iraq, Afghanista­n, Kosovo. In Africa abbiamo alcuni interventi, come la Somalia». Come dire: più di questo non possiamo, almeno in un contesto in cui manca una strategia di lungo periodo.

È una posizione che ha molti punti di contatto con quella degli Stati Uniti, che pure guidano, almeno sulla carta, le operazioni contro l’Isis, una posizione che stamane avrà un riscontro concreto nell’incontro che il nostro presidente del Consiglio avrà con il vicepresid­ente degli Stati Uniti, Joe Biden, a Roma. Per il resto, più di ogni commento, vale l’indiscrezi­one che si raccoglie al nostro ministero della Difesa, sui francesi: «Vogliono fare tutto da soli...».

L’offerta rifiutata Parigi non ha accolto la disponibil­ità dell’Italia a una totale condivisio­ne del lavoro degli 007

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(Ansa)
All’Eliseo Matteo Renzi ieri durante la conferenza stampa con Hollande (Ansa)

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