«Ma gli attacchi possono favorire un patto al ribasso al vertice di Parigi»
«C’è il rischio che il terrorismo danneggi la capacità della società civile di far ascoltare la propria voce, di far sentire la propria pressione sui leader che si riuniranno nella conferenza di Parigi sul clima», afferma Naomi Klein. La saggista canadese autrice di libri con vendite superiori al milione di copie lo dice al Corriere mentre si trova nella capitale della Francia ferita dalle stragi compiute da integralisti islamici, la stessa città che da domenica prossima all’11 dicembre ospiterà l’incontro mondiale chiamato Cop21 che verrà raggiunto all’inizio dei lavori da 147 tra capi di Stato e di governo.
Nei giorni della conferenza la donna diventata famosa con il volume No logo parteciperà a una proiezione di This changes Francia. Il governo ha proibito le marce sul cambiamento climatico previste per domenica e il 12 dicembre. Da presidente della conferenza, Laurent Fabius ha sottolineato che tanti incontri pubblici saranno confermati.
«Mi pare dicano che le manifestazioni all’aperto saranno
Arte Un gabbiano nell’installazione dell’argentino Pedro Marzorati per la Cop21 di Parigi vietate. Si svolgeranno incontri, concerti. Riguardo al summit, le questioni non ancora decise sono molte: se le sue decisioni saranno legalmente vincolanti e a quanto ammonteranno i finanziamenti per i Paesi in via di sviluppo, per esempio, sono punti tuttora oggetto di negoziato. La possibilità di esercitare piena pressione sui leader è diminuita».
Pensa che questo ulteriore danno sia stato già prodotto dagli attentati costati la vita a 130 persone?
«Penso che un danno ci sia già. Temo che se venisse stretto un cattivo accordo i Paesi in via di sviluppo avrebbero meno spazio per criticare l’intesa senza essere visti come traditori della solidarietà alla Francia. Le due questioni invece andrebbero tenute distinte. I nostri leader prendono le loro decisioni migliori quando avvertono una pressione dei movimenti sociali e se è in gioco un accordo forte vengono messi sotto pressione da grandi compagnie con molti soldi». Quali? «Le aziende dei combustibili fossili hanno pieno accesso ai politici che saranno alla conferenza. Imprese inquinanti lo sponsorizzano. La società civile, che non ha danaro, è frenata. La voce degli affari no, perché quelli non portano alle piazze: portano ai retrobottega. Il movimento non si arrenderà. Troverà le vie più creative per dire che l’accordo deve essere ambizioso e vincolante».
Ad aprire una delle vie sarà lei?
«Il nostro film diventa ancora più importante perché amplifica voci che potrebbero non essere ascoltate. A Parigi verranno le persone danneggiate da un’economia incurante dei limiti posti dalla natura che parlano nel documentario».