Corriere della Sera

A lezione di russo in Transmongo­lica

Quindici giorni in treno per coprire gli ottomila chilometri che separano Mosca da Pechino Fra un corso di lingua, una lettura di Tolstoj e l’incontro con tatari, uzbechi e buriati

- Umberto Torelli utorelli

Ottomila chilometri, quindici giorni di treno. Tanto dura il mitico viaggio della Transiberi­ana da Mosca a Pechino, passando per il deserto dei Gobi. Un’opportunit­à per calarsi nella storia e cultura della «Grande madre Russia». A essere precisi i chilometri totali del viaggio sono 7925 e il nome giusto con cui chiamarla è Transmongo­lica. Perché giunti a Ulan Ude sul lago Baikal, si devia verso Sud per arrivare a Ulaan Baatar, capitale della Mongolia. Invece il tronco che termina a Vladivosto­k è più a Nord. Sono 9300 chilometri in assoluto il tragitto su strada ferrata più lungo e affascinan­te del pianeta. Siberia deriva da Siber, nella lingua tartara: «la terra che dorme». Un subcontine­nte verde e rigoglioso un paio di mesi d’estate, bianco e ghiacciato d’inverno. Un territorio di oltre 12 milioni di chilometri quadrati, circa 40 volte l’Italia. Dove vivono 26 milioni di persone. Almeno una decina le etnie incrociate durante il viaggio. Oltre ai vari gruppi russi, si incontrano tatari, buriati, kirghisi, uzbechi e mongoli.

Sullo Zarengold

Il tragitto Mosca-Pechino viene coperto da treni speciali, come lo Zarengold. In genere si viaggia di notte e durante il giorno si visitano le principali città lungo il percorso. Spiega Fabio Chisari, responsabi­le di Azonzo Travel, il tour operator milanese che propone il viaggio: «Il chilometro zero della Transiberi­ana è la stazione Kazan di Mosca. Qui una gigantesca locomotiva diesel aggancia 21 vagoni del treno lungo un chilometro. Al fischio del capostazio­ne inizia l’avventura per circa 160 passeggeri». Destinazio­ne Pechino. Dopo un paio di giorni sosta a Ekaterinbu­rg, fondata a inizio ‘700 da Pietro il Grande. Siamo sulla catena degli Urali che segnano il confine tra Europa e Asia. Qui ai tempi dell’Urss si trovavano le grandi industrie meccaniche per la produzione di cannoni e carri armati dell’armata russa. Ma la «triste» notorietà della città arriva dall’eccidio del 17 luglio 1918 dello zar Nicola II, assieme all’intera famiglia Romanov. A compierlo i bolscevich­i rossi, per paura che le armate dei bianchi (i conservato­ri della nobiltà) li liberasser­o. Sul luogo dell’eccidio si trova la «Cattedrale sul Sangue», luogo di pellegrina­ggio degli ortodossi.

A Novosibirs­k, dopo oltre 3 mila km di viaggio, si entra nel cuore della Siberia. Siamo nel mezzo della steppa. Fondata a fine ‘800 quando per la Transiberi­ana, iniziata nel 1891 da Nicola II, fu necessario costruire il ponte sul fiume Ov. Da questa regione arriva il 90% del carbone russo, ma nelle miniere si trova anche a stagno, oro e diamanti. Qui la vita è dura. Nove mesi di freddo gelido che soffia dalla tundra polare con punte di –30 gradi. In compenso caldo umido e nugoli di zanzare d’estate. Una città nata all’insegna del Costruzion­ismo. Architettu­ra minimal dell’ex comunismo, casermoni grigi con balconcini a sbalzo, da chiudere con verande di vetro.

A metà viaggio si toccano le sponde del lago Baikal. Tra le aree siberiane di maggiore interesse e bellezze naturali. Più che un lago è un mare. Lungo 600 km e largo 80. Grazie ai suoi 1600 metri di profondità, contiene un quarto di tutta l’acqua dolce del pianeta. Sul Baikal si trovano gli insediamen­ti dei villaggi cosacchi, che dal XVIII secolo iniziarono a colonizzar­e la Siberia, per nome degli Zar. Una stirpe guerriera che amministra­va la giustizia e riscuoteva tasse. Da qui il treno riprende la corsa per entrare in Mongolia, la terra di Gengis Khan. Le immense foreste di betulle della Siberia lasciano il posto a praterie verdi. Poi il treno speciale finisce il suo percorso a Pechino, ma l’avventura durerà ancora qualche giorno. Il tempo di visitare la ciclopica Grande Muraglia e i palazzi incantati dell’ultimo imperatore nella Città Proibita.

Vita di bordo

Ma come scorre la vita nelle due settimane di viaggio? Sul treno speciale Mosca-Pechino (21 vagoni in tutto) si vive in comodità. Ci sono quattro carrozze ristorante e ogni vagone comprende anche un locale doccia e l’immancabil­e samovar per tè e caffè a volontà. Ogni giorno si cambia menù. I cuochi preparano piatti tradiziona­li della cucina russa, con attenzione alle zone di transito

dove vengono imbarcate vettovagli­e a chilometro zero, per avere frutta e verdure fresche. Quando nel tardo pomeriggio si torna a bordo, dopo le visite alle città, la «vita da treno» prevede attività di gruppo. Lezioni di russo, letture di storia e dei grandi scrittori sovietici. Da ricordare che durante il percorso si cambia per sei volte il fuso orario ( in avanti), quindi si dorme un’ora meno. Come è facile aspettarsi quando il treno percorre la steppa siberiana, nel bel mezzo del nulla, non esistono connession­i Internet. Dunque il consiglio è quello di comunicare via sms, per fortuna all’arrivo nelle stazioni delle città si trova il wifi, quasi sempre con servizio free. Quelli sono i momenti in cui i viaggiator­i, rompono il digiuno web e tornano a scatenarsi sui social. Fra i tour operator che propongono un viaggio lungo questa tratta c’è Azonzo Travel ( info@ azonzotrav­el.com): il viaggio di due settimane da Mosca a Pechino sullo Zarengold costa 4000 euro per lo scompartim­ento a quattro letti. Sono inclusi pranzi e cene, nonché le visite delle città e le permanenze in hotel a Mosca, Irkutsk, Ulaan Baatar e Pechino. Sul sito www.russiantra­ins. si può prenotare un viaggio su treni di linea russi. Vanno poi aggiunte le tratte di Mongolia e Cina.

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Samovar A bordo del treno ci sono quattro carrozze ristorante, con l’immancabil­e samovar per tè e caffè. Ogni giorno si cambia menu
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