Corriere della Sera

Nell’intimità del notes la creazione è più libera

- Di Michele Tranquilli­ni*

Il layout di un pieghevole a cui sto lavorando: è lungo più di un metro ma sta in 8 cm di foglio. Un preventivo. Gli appunti presi visitando la mostra Comunità Italia, il disegno di un cuoco che ravana nella spazzatura (non so perché), qualche prova di acquarello. Queste sono le più recenti pagine del mio taccuino: ne ho riempiti più di 100 da quando lavoro, e sono bloc notes che mi cucio io, mai uguali. Somigliano a quelli in mostra alla Triennale: qualcuno è gestito con più rigore, come quelli di Sottsass dove si vedono solo forme, in altri ci sono persino i disegni dei figli (quando i miei erano piccoli, succedeva anche a me). Sono spazi di libertà, dove non disegni per i posteri ma per mettere giù un’idea. Che poi può servire a te, per ricordarte­la, o ad altri, per discuterla: i disegni dello sketchbook sono generativi, mettono in moto le idee. Per dire: spesso quando ti approcci a un progetto grande, è importante pensare insieme sia i dettagli sia l’idea generale. E se in un foglio grande ci si può perdere, in questa dimensione tascabile invece le proporzion­i sono più gestibili. L’ho capito quando gli ideatori del Padiglione Zero di Expo mi chiesero di «tradurre» in immagini, prima degli architetti e degli scenografi, i sogni e le idee che avevano per il padiglione. Parlavano e io disegnavo, alternando viste complessiv­e a dettagli: gli schizzi non sono disegni tecnici ma generano domande, e visualizza­ndo i desiderata si capisce ad esempio se mancano di coerenza o destano problemi logistici. È un momento liberissim­o e molto intimo: gli architetti, soprattutt­o, spesso li conosciamo attraverso le loro opere, e «vederli» in queste pagine, tracce della loro creatività più pura, aggiunge molto a quanto sappiamo di loro. (* Illustrato­re e graphic designer

Testo raccolto da Irene Soave)

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