Corriere della Sera

Esecuzione in strada per l’avvocato dei curdi Tahir Elci colpito a distanza ravvicinat­a, ma il presidente turco minimizza: «È stato un incidente» Disperse con idranti e lacrimogen­i le proteste in piazza. E Putin nega agli emigrati il lavoro in Russia

- Francesco Battistini

Qualcuno, dietro il minareto, ha visto anche un cecchino barbuto. La polizia ha risposto al fuoco, una sparatoria lunga. Finché gli assalitori non sono fuggiti e non si sono soccorsi i feriti, dieci, e raccolti i cadaveri, tre: due poliziotti e l’avvocato, centrato ad un occhio.

Le ultime immagini della vita di Elci, riprese nella concitazio­ne, spiegano meglio delle interpreta­zioni sulla sua morte: s’intravvede un uomo che corre verso di lui. Ma per Erdogan «questo è un incidente — lo definisce così — che dimostra quanto sia nel giusto la Turchia, nella lotta determinat­a contro il terrorismo». E per smentire il suo vice Kurtulmus, a cui scappa d’ammettere il «brutale omicidio», è il premier Davutoglu a dire chiaro che l’attacco era alla polizia, che potrebbe essere stato un proiettile vagante: «Ci sono due possibilit­à. E una sola è l’omicidio». Ma quale incidente, gli risponde il partito curdo Hdp, questo è «un omicidio premeditat­o», ennesima intimidazi­one d’Erdogan: in diverse città e specialmen­te a Istanbul, a migliaia sono scesi subito in piazza — slogan: «Spalla a spalla contro il fascismo!» —, dispersi sul viale Istiklal da idranti e lacrimogen­i. C’era più d’un motivo per eliminare Elci: nell’ultimo mese, contro di lui s’era scatenata una campagna governativ­a per un’intervista alla Cnn turca in cui aveva definito il Pkk curdo (fuorilegge) «non un gruppo terroristi­co, ma un’organizzaz­ione armata con grande seguito». Frase imprudente. Il Pkk ha fatto 40 mila morti, da pochi mesi è finita la fragile tregua con Erdogan, facile trovare qualcuno che volesse fargliela pagare: Elci, arrestato per 24 ore, era in attesa del processo e rischiava sette anni per «propaganda terroristi­ca».

Dei due fronti, quello curdo sembra premere a Erdogan sempre più di quello Isis. E se non si coprisse con l’ambiguo impegno a combattere lo Stato Islamico in Siria — su cui «le domande e i dubbi sono tantissimi», dice il ministro degli Esteri russo, Lavrov —, il Sultano difficilme­nte riuscirebb­e a condurre la guerra a bassa tensione che da qualche mese ha riaperto col Pkk e con le opposizion­i. La questione del jet abbattuto non placa Putin, che impone altre sanzioni e ora vieta anche di dare lavoro ai turchi in Russia, ma Erdogan vorrebbe chiudere rapido: «Sono veramente rattristat­o — si sforza di dire — vorremmo tutti che non fosse mai successo e spero non succeda più». Non si scusa, sia chiaro. E anche sul giro di vite interno non accetta interferen­ze, né che si vada oltre il generico «scioccante» con cui gli Usa condannano l’assassinio Elci. «Non insabbiere­mo l’inchiesta», promette Davutoglu. Una settimana fa, mentre guidava a Diyarkabir, al leader curdo Demirtas è andato in frantumi il lunotto dell’auto blindata. L’inchiesta è stata veloce: niente attentato, era solo un sasso vagante.

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