Papa Francesco in zona di guerra La visita al quartiere islamico
Francesco apre il Giubileo nella martoriata Repubblica Centrafricana
L’aereo del Papa decolla da Entebbe alle 7.15 italiane per atterrare all’aeroporto M’Poko, nella Repubblica Centrafricana, alle 10 di stamattina. «Certo che si parte, è tutto confermato, mai avuto dubbi», considerava tranquillo ieri sera padre Federico Lombardi. Francesco, oggi pomeriggio, sarà il primo pontefice ad aprire una porta santa del Giubileo fuori da Roma, nella cattedrale di Bangui, un anticipo dell’Anno Santo della Misericordia che inizierà l’8 dicembre a San Pietro. Lo ha voluto fin dall’inizio, «ci vado anche col paracadute!, al ritorno vi spiegherò perché ho voluto il Centrafrica», diceva nel volo di andata: e non «nonostante», ma proprio perché è zona di guerra, una guerra civile che dura da quasi 3 anni. «Sarà un nuovo inizio», dice l’arcivescovo Dieudonné Nzapalainga.
Il comandante della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani, ha incontrato i responsabili della missione «Minusca» inviata dall’Onu l’anno scorso. Non che sia cambiato granché, a Bangui almeno cento morti da settembre. Ma negli ultimi giorni «abbiamo avuto notizie confortanti» dice Lombardi. Il programma di Francesco è serrato: vertici ufficiali, visita al campo profughi, messa in cattedrale e incontri con vescovi, comunità evangeliche e giovani; domani andrà nella moschea del quartiere musulmano Pk 5 e celebrerà la messa allo stadio prima di rientrare a Roma.
La storia degli ultimi tre anni, nella Repubblica Centrafricana, è una sequenza di orrori: la nascita nel 2012 della coalizione musulmana Seleka che nel marzo 2013 depone il presidente Bozizé, scappato in Camerun; la nascita delle milizie cristiane degli «anti-Balaka», ovvero gli «anti-machete»; il presidente autoproclamato Djotodia che lascia nel gennaio 2014; la guerra civile e il reclutamento di diecimila bambini soldato, le violenze che si moltiplicano e hanno provocato migliaia di morti e quasi un milione di sfollati. La presidente provvisoria, Catherine SambaPanza, sta portando il Paese ad elezioni (previste per fine dicembre). milione: i rifugiati e gli sfollati (su 5,5 milioni di abitanti), in maggioranza musulmani Chi soffia sull’odio religioso ha mire più terrene. Una delle popolazioni più povere del mondo vive in uno dei Paesi più ricchi di risorse: l’uranio a Bakouma, i giacimenti sparsi di oro e di ferro, il petrolio a Birao, il legname. «Una ong britannica, Global Witness, ha dimostrato come alcune aziende, impegnate nel business del legname, abbiano finanziato le milizie dei vari fronti, per mantenere lo status quo: imprenditori francesi, belgi, cinesi , tedeschi e libanesi», spiega il padre comboniano Giulio Albanese.
Mica per niente Francesco, in questi giorni, ha insistito sul «male della corruzione» e le «nuove forme di colonialismo» che affamano i poveri, denunciando «le organizzazioni criminali, al servizio di interessi La messa in cattedrale, domani la moschea: «Ci sarei venuto anche con il paracadute»
Con il paracadute
economici o politici, che utilizzano bambini e giovani come carne da cannone per i loro affari insanguinati». In una giornata dedicata al ricordo dei martiri ugandesi e all’«ecumenismo del sangue», il Papa ha sillabato l’essenziale del viaggio nella Casa della carità di Nalukolongo: «Non dimenticare i poveri, i po-ve-ri!». E ai ragazzi nello stadio di Kampala: «Siete disposti a trasformare la guerra in pace?». più rischi in Kenya. Certo andare nella moschea è un gesto molto importante».
E i cristiani come si preparano?
«Le parrocchie stanno organizzando l’accoglienza dei fedeli che arrivano dalle altre diocesi, le case sono stipate, ogni famiglia ne ospita altre. C’è attesa e gioia, anche per la grande messa è tutto pronto, si fanno tante chiacchiere ma non si sospende nulla».
Il Papa si prepara ad aprire la porta santa del Giubileo a Bangui, prima che a San Pietro…
«È tutto pronto, sono appena tornato dalla cattedrale dove si è fatta una prova generale: il rito penitenziale, Francesco che apre la porta ed entra con il seguito… È un segno straordinario: dice tutta la necessità che abbiamo in questo Paese di aprire le porte alla misericordia e alla grazia di Dio».
Prima di partire, Francesco entrerà nella moschea con l’imam. Che significato ha per musulmani e cristiani?
«Non tutti hanno gli stessi sentimenti nei cuori, non c’è solo odio. Tante persone sperano di vedere il Papa nella moschea, in una sua parola di riconciliazione e perdono».
In Kenya diceva ai giovani: per evitare il reclutamento dei fondamentalisti, la sola via è educazione e lavoro.
«Questo è certo. I giovani sono i più fragili, tanto più se abbandonati a se stessi, senza scuole né prospettive».