Le Bcc protestano: da noi 230 milioni per coprire i dissesti degli altri
Anche le 370 banche di credito cooperativo sono state chiamate a versare i contributi per il nuovo Fondo di risoluzione previsto dalla normativa Ue sui salvataggi bancari. Non solo quelli della prima rata, entro il primo dicembre, ma anche quelli delle tre rate successive anticipate al 7 dicembre per far fronte ai costi dell’intervento a sostegno di Banca Marche, Popolare dell’Etruria, Cassa di Ferrara e Cassa di Chieti. «Questo proprio non ci piace» dice Alessandro Azzi ( foto), presidente della Federcasse, annunciando battaglia. «Certo, pagheremo puntuali, noi le regole le rispettiamo sempre, anche se sono ingiuste come in questo caso ma abbiamo intenzione di verificarne la correttezza in tutte le sedi» aggiunge indicando la cifra dell’esborso complessivo per i piccoli e piccolissimi istituti di credito cooperativo: 230 milioni. Il fatto è, spiega Azzi,
che «noi viviamo questa richiesta come un’ingiustizia perché veniamo chiamati a pagare per i dissesti di banche che, all’inverso, non hanno mai contribuito a sanare le nostre difficoltà». Il mondo delle Bcc infatti ha finora affrontato le emergenze della categoria con un suo Fondo di tutela, distinto dal Fondo interbancario di tutela dei depositi costituito dal resto del sistema bancario. «Noi abbiamo anche rimborsato le obbligazioni subordinate, a differenza di quanto è avvenuto nel salvataggio delle 4 banche», sottolinea ancora Azzi, il quale segnala un’altra incongruenza della normativa anticrisi: le Bcc, dice, contribuiscono ad alimentare il nuovo Fondo di risoluzione ma non potranno usufruirne in caso di difficoltà «perché stando all’interpretazione prevalente sono troppo piccole per rappresentare un interesse pubblico». Piccole, ma in prospettiva non poi cosi tanto: a breve dovrebbe essere avviato un processo di integrazione che punta a mantenere le autonomie sulla base di una proposta di autoriforma definita da Federcasse.
Credito cooperativo Il presidente: versiamo soldi in un fondo che non è stato creato per salvare i nostri istituti