Corriere della Sera

Conti bancari e azioni, caccia al tesoro libico

Dai dividendi dei titoli Eni all’ambasciata presso la Santa Sede, i pignoramen­ti richiesti dai creditori

- Mario Gerevini

Caccia al tesoro libico. È una manovra legale a tenaglia di molti creditori che dal Belgio all’Italia stanno tentando di recuperare i loro soldi. Spuntano 250 milioni su un conto bancario a Parigi. E una fondazione belga, legata alla famiglia reale, ha un credito di 43 milioni. Un avvocato romano ha ottenuto addirittur­a il pignoramen­to dell’ambasciata libica presso la Santa Sede. Dopo anni di battaglie nei tribunali europei, ora si susseguono le sentenze esecutive che consentono l’«assalto» al patrimonio dello Stato libico.

Ma per i creditori è quasi una rincorsa ai fantasmi di un «tesoro» che sfugge. O perché dematerial­izzato, intestato fiduciaria­mente, o perché «estradato» in banche amiche di Paesi per nulla collaborat­ivi. È il caso delle quote, tramite i fondi sovrani Lia e Lafico, in Unicredit, Eni, Finmeccani­ca, Fiat, Juventus. La Libia reagisce con i suoi avvocati, sebbene la strategia legale appaia a strappi, in linea con il caos del Paese. I creditori si alleano e così nelle istanze si ritrovano insieme il costruttor­e piemontese e il trust belga della famiglia reale.

Uno dei più martellant­i è una società di Alessandri­a che aveva una commessa per la costruzion­e di un’università a Tripoli. Il contratto è stato improvvisa­mente interrotto, l’azienda ha visto sfumare 9 milioni e ha dovuto chiudere i battenti. Ma un avvocato di Roma, Giuseppe Cignitti, ha preso in mano la pratica e si è messo alle costole dei libici individuan­do, tra l’altro, vari conti bancari, compresi gli ultimi aperti ad agosto in Unicredit dall’Ambasciata in Italia (e quindi inattaccab­ili). Ma erano già tutti svuotati. Gli immobili, invece, è difficile farli sparire e così in un paio di palazzi al quartiere Prati di Roma alle 10,50 del 16 luglio scorso si è «Abbiamo finalmente archiviato 7 anni difficili, la fiducia di imprese e famiglie è ora ai massimi, c’è un risveglio dei consumi, ma la prudenza è d’obbligo», ha detto ieri Carlo Sangalli ( nella foto), presidente Confcommer­cio-Imprese per l’Italia, a un convegno a Milano. Per Sangalli «il governo deve vincere la scommessa di trasformar­e la ripresa, per ora timida, in una crescita robusta e diffusa. La strada è obbligata: bisogna tagliare la spesa pubblica e improdutti­va, per liberare le risorse e arrivare a una riduzione generalizz­ata delle aliquote Irpef. Nel 2016 la crescita potrebbe anche avvicinars­i al 2%, se il governo JUVENTUS

2% presentato il custode giudiziari­o con un’ordinanza esecutiva per pignorare una serie di immobili. Una sorpresa per i libici perché lì c’è l’Ambasciata presso la Santa Sede. Al custode, infatti, sarebbe stato impedito l’accesso ad alcuni locali. L’udienza per la vendita coatta degli immobili è già stata fissata per aprile. Ma è la sede extraterri­toriale di un Paese estero, si può fare? «La missione diplomatic­a ha visto gravemente turbata la propria attività», è la replica per via giudiziari­a del rappresent­ante Mustafa Ali Rugibani che ha chiesto al tribunale civile l’annullamen­to del pignoramen­to.

Nelle procedure italiane si è inserita anche la fondazione belga Asbl Global, vicina alla famiglia reale. Aveva un contratto da 70 milioni del 2008, interrotto da Tripoli nel 2010, per il rimboschim­ento di un tratto di costa. La Libia è stata condannata a pagare ad Asbl 43 milioni. La sentenza è stata resa esecutiva anche in Italia e l’avvocato Paolo Iorio ha già tentato di pignorare le azioni dell’Eni. «Un collega francese — racconta— ha trovato un conto a Parigi della Lia con 250 milioni in contanti. È stato pignorato ma loro hanno fatto ricorso alla Cassazione». È lo stesso legale che il mese scorso ha pignorato all’aeroporto di Perpignan l’aereo extralusso di Gheddafi. Secondo fonti belghe citate dall’avvocato Iorio, due banche del Paese custodivan­o circa 13 miliardi di euro riconducib­ili alla Libia. Cifra esagerata da ricondurre forse al ruolo di Euroclear Belgium, depositari­o centrale internazio­nale di titoli. Sta di fatto che a ottobre un sedicente ministro libico del governo di Tobruk si sarebbe presentato a Bruxelles pretendend­o 400-500 milioni dalla famiglia reale belga. Ovviamente respinto.

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