Tragedia dei conflitti, Martone vince la sfida
All’Opera di Roma lunghi applausi al regista che ha aperto la stagione con «The Bassarids» di Henze
Nel foyer del Teatro dell’Opera si sente parlare di « musica contemporanea » . Macché. The Bassarids di Hans Werner Henze, titolo inaugurale a lungo applaudito della stagione lirica romana, è già storia: basti dire che è teatro musicale risalente all’epoca in cui le opere si davano nella lingua del luogo di rappresentazione. Fu composta nell’inglese dei librettisti Auden e Kallman, debuttò nel 1966 a Salisburgo come Die Bassariden e arrivò nel ’68 alla Scala come I Bassaridi.
Piuttosto, l’opera ambisce a divenire un classico, come di Henze lo è già Boulevarde Solitude del ’51. E grazie anche alla spinta di edizioni riuscite come questa romana, è legittimo supporre che lo diventerà perché contiene bella musica non soggetta alle mode: una musica straussiana per densità e generosa per invenzione, che trasuda « tedeschitudine » in quanto parla la lingua di Bach, Mahler e Berg, restando tuttavia originale.
La drammaturgia vive del contrasto tra i cugini Penteo, re di Tebe, e il dio Dioniso. In loro si riverbera il conflitto tra una sistematica volontà ordinatrice e l’istinto che la nega: quell’istinto irrazionale di cui sessualità e superstizione religiosa sono i riflessi più tangibili. Ma nelle Baccanti di Euripide (la fonte) e ancora di più nel libretto, le cose non stanno in termini così manichei.
C’è volontà ordinatrice anche in Dioniso, quando arriva a Tebe per ripristinare il culto della madre, e c’è istinto irrazionale in Penteo quando si reca sul Monte Citerone ad assistere ai riti orgiastici. La verità è che quello dei Bassaridi è libretto complesso: un’erudita cinematografiche. Ma nella difesa di Valsecchi, assistito dall’avvocato Giorgio Assumma, si legge fra l’altro che «la valutazione del film in due puntate, da parte di Rti, non era stata positiva; con Faenza non era stato firmato alcun contratto e nessuna trattativa era in corso». Ribatte Faenza: «La verità è che TaoDue doveva pagare una penale a Luchetti per un film mai fatto, quindi è stato scelto lui come regista e non io». Secondo altre indiscrezioni, il regista «escluso» starebbe pensando a un’ulteriore azione legale perché il suo nome non compare nei crediti del film, che il primo dicembre verrà presentato in Sala Nervi e il 3 dicembre distribuito in 700 copie. «Era stato proprio Valsecchi — afferma Faenza — ad rilettura poetico-filosofica del mito, che Henze ebbe però la forza di trasformare in opera dalla concretissima vitalità teatrale.
L’orchestra e il coro (ben istruito da Roberto Gabbiani) tale vitalità la restituiscono, anche perché il direttore Stefan Soltesz, concertatore affidabile, sa differenziare i piani dell’incantatorio lirismo dionisiaco In scena Veronica Simeoni e Russell Braun in una scena di «The Bassarids» e dell’estenuata tensione drammatica. Ben assemblato il cast in una gamma di vocalità comprese tra gli estremi del lirismo di Ladislav Elgr (Dioniso) e del «burocratico» stile declamato di Russell Braun (Penteo), ottimi.
La regia di Mario Martone allude, suggerisce, non appesantisce. E se si scende al Citerone (la classica discesa nell’inconscio) anziché salirvi, ciò è effetto della scelta di usare un fondale a forma di specchio inclinato. Del resto in questo dramma il motivo dello specchio è dominante.
Il Teatro dell’Opera di Roma ha approntato insomma uno spettacolo coraggioso, fuori dal coro. E ne è stato ripagato in termini di successo e prestigio culturale. Dopo tante cadute, ne aveva bisogno.