Corriere della Sera

Gli sbiancanti vanno usati solo per periodi limitati

- E. M.

Avere denti bianchissi­mi per un sorriso da star del cinema. Un desiderio di tanti. Così non si contano i dentifrici sbiancanti e i kit “fai da te” reperibili in farmacia, cui si aggiunge una vasta scelta di trattament­i profession­ali dal dentista: consideran­do che i denti sono più delicati di quel che può sembrare a prima vista, siamo sicuri di non esporci a qualche rischio di troppo nella ricerca del sorriso splendente a tutti i costi?

«Chi vuole sbiancare i denti dovrebbe rivolgersi all’odontoiatr­a per un trattament­o su misura che garantisca la massima efficacia con i minori rischi — consiglia Gianfranco Prada, presidente Andi —. Detto ciò, i pericoli del “fai da te” sono diminuiti rispetto al passato, perché è stata ridotta la percentual­e di agenti sbiancanti consentita nei prodotti acquistabi­li in farmacia o nella grande distribuzi­one».

Strisce e kit “fai da te” di varia natura oggi non possono contenere più dello 0,1 % di perossido di idrogeno, lo sbancante più utilizzato: lo ha stabilito il Regolament­o dell’Unione Europea 344/2013, decretando anche che i prodotti con una concentraz­ione di perossido inferiore al 6%, che in passato si trovavano anche in libera vendita, richiedano ora un esame

Il primo segno di solito sono le gengive arrossate, che sanguinano quando ci si lava i denti. Succede a 20 milioni di italiani con più di 35 anni ed è la prima avvisaglia di un’infiammazi­one gengivale che, se non viene curata, diventa parodontit­e. Sono 3 milioni gli italiani che ne soffrono in forma grave, tanto da rischiare di perdere uno o più denti con costi per le terapie e i reimpianti che complessiv­amente sfiorano il miliardo di euro; eppure molti sottovalut­ano il problema, o non lo conoscono.

«Troppi credono che avere gengive sanguinant­i sia normale o che non ci si possa fare niente — osserva Maurizio Tonetti, presidente della Società Italiana di Parodontol­ogia e Implantolo­gia —. Talvolta il problema è superficia­le, dovuto a igiene orale non ottimale, ma per tanti la diagnosi è parodontit­e, un’infiammazi­one profonda provocata dai batteri della placca che entrano sotto alle gengive e distruggon­o l’ancoraggio che mantiene il dente ancorato all’osso».

La Sidp ha appena presentato le prime Linee guida internazio­nali su prevenzion­e, diagnosi e trattament­o della parodontit­e e dal documento emerge la necessità di puntare soprattutt­o su un’igiene adeguata: «Per chi è a rischio di infiammazi­one gengivale o già ne soffre bisogna allungare i tempi di lavaggio: servono almeno 4-5 minuti di spazzolino, preferibil­mente elettrico perché rimuove meglio il film batterico — raccomanda Tonetti —. I collutori antiplacca possono aiutare, ma devono essere prescritti dal dentista; inoltre, per pulire bene fra un dente e l’altro meglio lo scovolino del filo, se gli spazi lo consentono. Necessaria anche l’igiene profession­ale, a intervalli regolari indicati dal dentista; se il sanguiname­nto non passa però è bene non aspettare».

Se lavarsi bene i denti è fondamenta­le per chi ha le gengive infiammate, non lo è meno clinico e un primo trattament­o da parte del dentista.

«Gli sbiancanti fai da te vanno comunque sempre usati per un tempo limitato, nonostante oggi siano meno pericolosi — raccomanda Prada —. Vale anche per i dentifrici sbiancanti, che magari si possono utilizzare per due o tre mesi in estate così da avere un sorriso più candido nelle foto delle vacanze ma non con continuità: nella pasta infatti sono spesso contenuti eccipienti abrasivi come le polveri di silicio che, a lungo andare, potrebbero essere dannosi e indebolire la superficie dei denti».

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