Morbo di Parkinson non uguale per tutti nel nostro Paese
Esiste un’Italia del Parkinson dove i pazienti sembrano ammalarsi in maniera diversa, a seconda della Regione di residenza. E dove sono anche seguiti in maniera diversa. Lo evidenzia uno studio della Fondazione LIMPE per il Parkinson onlus e dell’Accademia LIMPE-DISMOV per lo studio della malattia, presentato in occasione del lancio delle iniziative per la Giornata nazionale del Parkinson 2015 . Gli esperti dell’Accademia hanno analizzato la distribuzione geografica dei pazienti in base alle richieste di esenzione per la malattia presentate nelle Asl. In generale è risultata una maggiore prevalenza di casi al Nord, in Veneto in particolare. Così, ad esempio, se a Padova ci sono 26,28 casi accertati ogni 10mila abitanti e a Chioggia 23,99 , a Gemona del Friuli si scende a 6,27, a Trapani 3,85 e a Sanluri appena 2,98: un valore che candiderebbe la cittadina sarda al primato di località più indenne da Parkinson d’Italia.
Ma non è detto che sia davvero così. «Alcuni dati possono essere sottostimati perché non tutte le Asl hanno risposto e non tutti i pazienti chiedono l’esenzione — dice il professor Giovanni Defazio dell’Università di Bari, presidente onorario dell’Accademia — . Resta il fatto che anche correggendo le differenze statisticamente, si nota una diminuzione da Nord a Sud».
Ma a creare ulteriori disomogeneità fra Regione e Regione potrebbe contribuire anche il fattore “costi”, come ha evidenziato un altro studio della Scuola di Economia e Management Sanitario dell’Università Cattolica di Roma. «Sia per quanto riguarda le spese del Servizio sanitario (3.500-4.800 euro l’anno a paziente) — dice il professor Americo Cicchetti, direttore della Scuola — , sia per quelle a carico dei malati (1.500 -2.700 euro l’anno), i costi sono maggiori al Centro, rispetto al Nord e al Sud. Il problema è che la maggior parte delle Regioni non ha adottato uno specifico PDTA, cioè un apposito percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale per il Parkinson. Manca inoltre un modello uniforme a livello nazionale, che risolverebbe molte delle disomogeneità registrate nelle Regioni che invece hanno adottato un PDTA» .
Ad accomunare i pazienti di Parkinson invece è il problema delle cadute. La situazione in Italia è stata messa a fuoco da uno studio su 845 soggetti coordinato dal professor Giovanni Abruzzese dell’Università di Genova e presentato in occasione della Giornata Nazionale, celebrata il 28 novembre: 19 centri hanno individuato una serie di parametri che consentono di prevedere il rischio di caduta o che sono associati a questo.
Sia al Nord che al Sud, il 42% dei pazienti cade almeno una volta l’anno (in media, 23 cadute).
Il rischio di cadere può poi essere aumentato da numerosi fattori come l’età, la durata e la gravità della malattia, lo stato cognitivo, la presenza di ansia e depressione, ma soprattutto la durata della malattia e alcuni specifici disturbi del cammino. Identificare questi fattori di previsione del rischio di caduta rappresenta un capitolo fondamentale dei percorsi diagnostico terapeutici che, anche per le cadute però, sono ancora disomogenei.
«In Italia la ricerca nel Parkinson è di primissimo livello – rassicura il professor Alfredo Berardelli dell’Università La Sapienza di Roma, presidente dell’Accademia —. Abbiamo strutture all’avanguardia e i nostri neurologi sono professionisti a cui rivolgersi con piena fiducia».
Dopo la Giornata nazionale, i centri Parkinson continueranno a proporre incontri informativi e eventi locali aperti al pubblico (per informazioni: numero verde 800149626; www.giornataparkinson.it).