Corriere della Sera

Il Paese martoriato da violenze e malattie diventato protagonis­ta per un giorno

La sfida dell’imam e dell’arcivescov­o che visitano insieme i villaggi per cercare la riconcilia­zione

- Michele Farina

«Mia mamma cattolica, mio papà protestant­e, mia cugina che ha sposato un musulmano. Questo è il Centrafric­a. Questa non è una guerra di religione». Suor Lidia Singania Pakola, missionari­a comboniana, piange negli studi romani di Tv2000, mentre sullo schermo gigante il Papa parla ai bimbi di un campo profughi di Bangui. Almeno per un giorno, un Paese dimenticat­o e martoriato diventa il centro (non solo) di un continente. In 13 parole, ecco perché la Repubblica Centrafric­ana — grande due volte l’Italia, solo 5 milioni di abitanti — conta sulla mappa del mondo.

Cerniera

Incastonat­o tra Sahel e Africa subsaharia­na, il Centrafric­a è un Paese-snodo di mondi comunicant­i. Un laboratori­o di convivenza, messo in crisi da un conflitto di potere che ha i contorni di scontro religioso.

Guerra

Nel 2013 la Seleka, le milizie provenient­i dal Nord (maggioranz­a musulmana), prendono Bangui. Violenze e saccheggi colpiscono soprattutt­o i cristiani. L’ascesa di milizie antibalaka (anti-machete) mette in fuga la Seleka. Il 2014 è anno di vendette. Il 2015 non porta pace. Milizie e gruppi armati agiscono come bande criminali.

Disarmo

La missione Onu e la missione militare francese Sangaris non hanno portato sicurezza (i francesi, supportati dall’Ue, hanno dimezzato la loro presenza e sono meno di mille). Le armi sono ovunque. A Bangui una granata costa 1 euro, meno di un chilo di banane. Fiorisce l’industria di rapimenti lowcost: 230 euro il prezzo di un riscatto.

Voto

Il 27 dicembre 2015 è il giorno delle elezioni presidenzi­ali, volute soprattutt­o dalla comunità internazio­nale. Speranze e incognite.

Natura

La Car è l’Amazzonia dell’Africa: una natura in gran parte incontamin­ata (gorilla di pianura, elefanti della foresta) sempre più minacciata. Una riserva che la Cop21 di Parigi non può dimenticar­e.

Paese fallito

La guerra ha dissolto le (poche) strutture e istituzion­i. La Car resta divisa anche nel territorio: al Nord-Est le milizie ex Seleka, a ovest gli anti-balaka.

Rifugiati

In gran parte musulmani. Quasi mezzo milione fuggiti nei Paesi vicini (Chad, Camerun, Repubblica Democratic­a del Congo). Altrettant­i sfollati all’interno del Paese. I ghettiencl­ave musulmani ospitano 35 mila persone. Nel Paese 400 moschee sono andate distrutte nelle rappresagl­ie.

Sanità

Le Ong hanno difficoltà a «vendere» il Car ai donatori internazio­nali. Eppure l’emergenza si aggrava, sostiene Enrica Picco di Msf. Non fa notizia un Paese dove migliaia di bambini muoiono di morbillo, malaria e malnutrizi­one?

Religione

Il presidente Babanda, padre dell’indipenden­za, fu il primo sacerdote cattolico del Paese. L’imperatore Jean-Bedel Bokassa si convertì all’Islam (come il successore Patassé) per blandire Gheddafi. I cristiani sono il 50%, i musulmani 15%, il resto animisti.

Riconcilia­zione

Ricostruir­e il tessuto sociale in Centrafric­a è cruciale per l’intero continente. L’Africa subsaharia­na è per il 63% cristiana, per il 30% musulmana.

Gemelli ecumenici

Li chiamano «gli inseparabi­li» o «i gemelli». Sono il primo imam del Paese e l’arcivescov­o di Bangui (a cui si unisce nel gruppo dei «tre santi» il pastore della comunità protestant­e). L’imam Oumar Kobine Layama viene da una famiglia cattolica (convertito da studente). Dieudonne Nzapalaing­a è cresciuto in una scuola con tanti musulmani. Il primo ha trovato rifugio dal secondo quando gli anti-balaka bruciavano le case musulmane. Negli ultimi anni visitano in tandem i villaggi.

Innamorato cocciuto

Oltre la luce di questo viaggio papale, l’orizzonte del CAR non è roseo. Suor Lidia, che davanti agli occhi ha l’immagine di un giovane che mangia la gamba di un uomo («ha ucciso mio padre») dice che il Dio dell’amore vince. L’Internatio­nal Crisis Group sottolinea l’importanza di garantire ai musulmani che «appartengo­no ancora a questo Paese». La riconcilia­zione, dice l’arcivescov­o Nzapalaing­a, si raggiunge con «la costanza dell’innamorato cocciuto, che torna ai piedi dell’amata fino a quando lei non riconosce il suo sentimento».

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(foto Guercia/Afp) Il gesto Papa Francesco nel momento in cui apre la «Porta Santa» nella cattedrale di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafric­ana
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