L’Iran, hub per le piccole e medie imprese
«Un hub per raggiungere i mercati degli altri Paesi che circondano l’Iran». Il ministro dell’Industria, Mohammad Reza Nematzadeh, sintetizza così il ruolo economico a cui ambisce Teheran quando verranno tolte le sanzioni. E lo spiega ai 181 imprenditori «tra campioni nazionali e piccole medie imprese», come li ha definiti il viceministro allo Sviluppo Carlo Calenda, che ha guidato a Teheran la missione di Mise, Abi, Confindustria, composta anche da 20 associazioni e 12 gruppi bancari. Il messaggio è chiaro: l’Iran non vuole essere un semplice mercato, forte dei suoi 78 milioni di abitanti, ha bisogno di investimenti. In questa direzione vanno i quattro memorandum siglati ieri: due per il settore conceria, uno per il marmo e uno tra il museo Maxxi di Roma e il museo di Arte contemporanea di Teheran. Per concerie e marmo si tratta di intese per la formazione tecnica e manageriale, l’ammodernamento tecnologico, il trasferimento di know-how. Calenda ha sottolineato la «complementarità» del tessuto produttivo, costituito «come in Italia per il 90% da pmi interessate a coproduzioni con partner stranieri». Nonostante le sanzioni, l’Italia resta il nono partner commerciale di Teheran a livello mondiale e il secondo europeo. Il rilancio dell’interscambio passa da «cinque settori strategici — ha osservato Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria —: automotive, meccanica, materiali da costruzione, ambiente ed energie rinnovabili, medicali». Nel dopoembargo tassello fondamentale sono le banche, ha sottolineato Guido Rosa, responsabile Esteri dell’Abi: ora l’Iran è escluso dai circuiti finanziari internazionali. Oggi è previsto un incontro con la Banca centrale iraniana.