In un volume (Musei Vaticani - Mondadori) il Pontefice affronta per la prima volta un tema non teologico Il senso di Papa Francesco per l’arte: non dobbiamo temere i nuovi simboli
dopo secoli di straordinaria simbiosi.
Francesco compie un altro passo avanti nella marcia di riavvicinamento e raccomanda dialogo con l’arte del terzo millennio. Lo si ritrova anche quando parla proprio dei Musei Vaticani: «Devono essere sempre più il luogo del bello e dell’accoglienza. Devono accogliere le nuove forme d’arte. Devono spalancare le porte alle persone di tutto il mondo. Essere uno strumento di dialogo tra le culture e le religioni, uno strumento di pace». Dunque i Musei Vaticani «devono essere vivi! Non polverose raccolte del passato solo per gli “eletti” e i “sapienti” ma una realtà vitale che sappia custodire quel passato per raccontarlo agli uomini di oggi, a cominciare dai più umili, e disporsi così, tutti insieme, con fiducia al presente e anche al futuro».
E qui Bergoglio rivendica la scelta di aver recentemente aperto la Cappella Sistina a un gruppo di senzatetto che vivono intorno alla città papale: «I Musei Vaticani sono la casa di tutti... E se togli i poveri dal Vangelo, non si capisce più niente. Dunque, perché non dovrebbero entrare nella Sistina? Forse perché non hanno i soldi per pagare? Mi hanno criticato per questo, lo so, e sono stato criticato anche per non aver fatto mettere le docce per i poveri sotto il colonnato del Bernini. Ripeto: i poveri sono al cento del Vangelo, non dobbiamo mai dimenticarlo».
Naturalmente per Francesco «l’arte, oltre a essere un testimone credibile della bellezza del creato, è anche uno strumento di evangelizzazione. Nella Chiesa esiste soprattutto per evangelizzare: attraverso Sopra: il Papa tra le sculture di Alejandro Marmo. A sinistra: il Padiglione del Vaticano alla Biennale 2013. Sotto: senzatetto nella Cappella Sistina l’arte — la musica, l’architettura, la scultura, la pittura — la Chiesa spiega, interpreta la rivelazione. Guardiamo la Cappella Sistina: cosa ha fatto Michelangelo? Un lavoro di evangelizzazione».
E poi cita il caso dello scultore Alejandro Marmo, suo amico dai tempi di Buenos Aires, che usa scarti industriali per opere realizzate con ragazzi di strada: due ( Cristo operaio e Vergine di Lujàn) sono state scelte da Papa Francesco per i Giardini Vaticani. Spiega il Pontefice: «Alejandro Marmo ha avuto questa intuizione e ha capito perfettamente come trasmettere, grazie al materiale di scarto, il messaggio dell’invisibile diventato carne, diventato realtà, diventato bellezza». Anche un rifiuto può splendere grazie all’arte, verrebbe da dire con Bergoglio.