Corriere della Sera

Usa, il marchio dell’Isis sulla strage

La rivendicaz­ione in Rete. L’Fbi: è terrorismo. Iraq, giallo sulle truppe turche nella regione di Mosul La moglie di Farook giurava fede al Califfato. Intesa nell’Ue: i nomi di chi vola registrati per 5 anni

- M. Ga.

L’Isis ha rivendicat­o la strage di San Bernardino. L’Fbi conferma: «È un atto di terrorismo». Tashfeen Malik, la giovane pachistana che assieme al marito Syed Farook ha ucciso 14 persone, aveva postato su Facebook un messaggio con il quale giurava fedeltà al Califfo. Iraq, giallo sulle truppe turche nella regione di Mosul. In Europa i nomi di chi vola saranno registrati per 5 anni.

La dichiarazi­one di fedeltà all’Isis e al suo leader, lo sceicco Al Baghdadi, messa da Tashfeen Malik su Facebook e poi cancellata alla vigilia della strage, ha fatto cadere ogni residuo dubbio: da ieri l’Fbi considera anche ufficialme­nte quella sul massacro di San Bernardino un’indagine per terrorismo. Mentre un’America spaventata e disorienta­ta scopre che i vicini di casa dei coniugi assassini avrebbero potuto denunciare il gran movimento di pacchi sospetti alla vigilia dell’attacco, ma non l’hanno fatto per il timore di essere accusati di avere pregiudizi razzisti, ci si chiede quali saranno le conseguenz­e di questo evento spaventoso sui rapporti tra i musulmani d’America e il resto della società Usa.

«Insospetta­bili»

Man mano che le indagini vanno avanti, si precisa la dinamica degli eventi e il profilo di una famiglia islamica pressoché «insospetta­bile», con l’attentator­e, Syed Farook, probabilme­nte spinto sulla strada della radicalizz­azione jihadista proprio dalla moglie Tashfeen: una pachistana che viveva in Arabia Saudita, da lui conosciuta su Internet. Adesso si passano al setaccio i viaggi dell’ispettore sanitario diventato killer dei suoi stessi colleghi di lavoro: quello nel 2013 in Arabia Saudita per il pellegrina­ggio alla Mecca e per conoscere la futura moglie; un altro nel 2014, sempre in Arabia, per il matrimonio; infine, un anno fa, una terza missione in Pakistan.

Farook, nato negli Stati Uniti,

I due, convinti di non essere stati riconosciu­ti, hanno cercato di tornare a casa

non era in alcuna lista di sospetti, anche se aveva avuto qualche contatto con individui considerat­i simpatizza­nti dell’islamismo radicale. Non si trattava di rapporti sostanzial­i, si sono giustifica­ti gli investigat­ori.

Il fratello eroe

Del resto la sua famiglia sembrava un modello d’integrazio­ne nella società americana: la madre di Syed lavora alla Kaiser Permanente, la più grande assicurazi­one sanitaria della California. Il padre, un camionista, era un uomo violento e i coniugi avevano divorziato da tempo. Il fratello dopo gli studi si era arruolato nella «Navy». Era stato per anni nel Golfo, imbarcato sulla portaerei Enterprise: addirittur­a decorato per meriti antiterror­ismo. Gli era stata conferita una medaglia per il contributo dato alla «war on terror».

Lo stesso Syed, del resto, sembrava l’incarnazio­ne del sogno americano: figlio di una coppia di immigrati pachistani, si era laureato in California ed era diventato un funzionari­o pubblico con uno stipendio abbastanza elevato: 70 mila dollari l’anno. Un musulmano integrato nella società Usa che sembrava condivider­e i valori dell’Occidente e con un hobby americanis­simo: riparare auto d’epoca.

In realtà, a parte il ruolo che può aver giocato la moglie nel radicalizz­arlo, non tutto filava liscio per Syed sul posto di lavoro: diversi colleghi lo prendevano in giro per la barba lunga o perché a volte indossava abiti tradiziona­li musulmani. Secondo le testimonia­nze rese dai superstiti, Farook aveva avuto anche discussion­i e dispute a sfondo religioso con un suo collega ebreo messianico, Nicholas Thalasinos: una delle 14 persone uccise dalla coppia durante la festa natalizia organizzat­a dal Dipartimen­to sanitario della città california­na nell’auditorium dell’Inland Regional Center di San Bernardino.

L’ultima fuga

Ora sono più chiare le circostanz­e della fuga dei due terroristi e il modo in cui la polizia li ha intercetta­ti dopo poche ore, fino al conflitto a fuoco in un viale a cinque chilometri di distanza dal luogo della strage, conclusosi col Suv nero crivellato di colpi e Syed e Tashfeen uccisi sul colpo. Dopo la strage i due, forse convinti di non essere stati riconosciu­ti o certi che gli agenti non avrebbero reagito con tanta prontezza, hanno provato a tornare alla loro casa di Redlands, a dieci chilometri da San Bernardino.

Ma i poliziotti, arrivati all’Inland Center appena quattro minuti dopo il primo allarme, avevano subito saputo dai superstiti dei sospetti su Farook e avevano raggiunto la sua abituazion­e quasi contempora­neamente ai due terroristi. Il Suv nero si è avvicinato, ha rallentato e poi, vedendo la polizia, è ripartito a tutta velocità: lì è cominciata la caccia che si è conclusa con la morte dei due e la scoperta di un arsenale di armi d’assalto e ordigni esplosivi nella casa di Redlands.

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