Le previsioni dell’Istat sulla crescita che rallenta Il Censis: Italia in letargo
Padoan: riforme e privatizzazioni. L’Istat: il sommerso vale 206 miliardi
L’Istat, dopo aver confermato la frenata del Prodotto interno lordo nel terzo trimestre in Italia, ieri ha reso nota la previsione secondo la quale la crescita dell’economia potrebbe fermarsi quest’anno allo 0,7% invece dello 0,9% previsto dal governo. La stima dell’aumento del Pil nel quarto trimestre, infatti, è pari allo 0,2% (con un margine di oscillazione tra 0 e 0,4%). Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi: «L’Italia ha tutto per tornare a essere una locomotiva. Dopo tre anni di recessione siamo ripartiti».
Secondo il Censis, l’Italia è immersa in un «letargo esistenziale collettivo», dove non si alza lo sguardo verso il futuro ma ci si accontenta del giorno per giorno».
La crescita dell’economia potrebbe fermarsi quest’anno allo 0,7% invece dello 0,9% previsto dal governo. Lo dice l’Istat con la Nota mensile diffusa ieri dove — dopo aver confermato la frenata del prodotto interno lordo nel terzo trimestre in Italia (0,2% rispetto a 0,3% del secondo), nell’area euro ( 0,3% rispetto a 0,4%) e negli Stati Uniti (0,5% rispetto a1%) — stima in 0,2% l’aumento del Prodotto interno lordo in Italia nel quarto trimestre (con un margine di oscillazione tra 0 e 0,4%) che farebbe chiudere il 2015 con un + 0,7%.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sembra prenderne atto: «Alcune previsioni segnalano un potenziale rallentamento della ripresa. Gli eventi di Parigi e la crisi dei Paesi emergenti non sono due buone notizie. Ma l’Italia ha tutto per tornare a essere una locomotiva. Dopo tre anni di recessione siamo ripartiti. La velocità delle crescita dipenderà adesso da consumi interni e investimenti». I primi vanno abbastanza bene i secondi assolutamente no, secondo l’istituto di statistica.
Il governo, assicura il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, risponderà «proseguendo con le riforme strutturali e con un nuovo round di azioni per la crescita». In particolare, «le privatizzazioni daranno maggiore trasparenza, competitività, migliore corporate governance, ridurranno il debito pubblico e rafforzeranno le società aprendole a mercati e investitori». In quest’ottica, conclude Padoan, si colloca la riforma delle banche popolari «pietra angolare per dare una nuova forma al sistema bancario».
Ma è un altra pubblicazione diffusa ieri dall’Istat a fornire indicazioni su dove si potrebbero reperire risorse. Dall’economia sommersa e da quella illegale. Nel Report su «L’economia non osservata» l’istituto di statistica stima infatti (dati 2013) che le attività in nero e quelle illegali pesano complessivamente per più di 206 miliardi di euro, pari al 12,9% del Pil, in aumento rispetto all’11,7% del 2012.
Nel dettaglio, l’economia sommersa vale circa 191 miliardi: di cui 99,4 da evasione ed elusione di imponibile, 72 da lavoro irregolare che coinvolge ben 3,5 milioni di persone e 19,4 da altre voci. Le attività illegali (stimate solo in parte, precisa l’Istat) valgono invece 16,5 miliardi, in gran parte da traffico di droga (il resto si divide tra prostituzione, contrabbando e altro).
I settori dove il nero pesa di più sul valore aggiunto sono il commercio-trasporti-alberghi e ristoranti con il 26,2%, le costruzioni con il 23,4%, le attività professionali con il 19,7%, l’agricoltura e pesca con il 15,4%.
Tre milioni e mezzo di lavoratori in nero rappresentano il 15% del totale. I tassi maggiori si riscontrano nei servizi alla persona (45%, quasi un lavoratore su due) , in agricoltura (17,6%), nel commercio-trasportialberghi e ristoranti ( 15,6%) e nelle costruzioni (15,4%). Fenomeni noti, si dirà. Vero. Ma fa impressione che nonostante ci siano ormai le tecnologie per una più efficace lotta al sommerso, la situazione sia sempre la stessa.
La previsione L’Istat stima in 0,2% l’aumento del Pil in Italia nel quarto trimestre