Corriere della Sera

La via dei controlli per provare a salvare Schengen

Analizzati anche i profili sui social network del personale che lavora negli scali

- di Francesco Verderami

Tredici anni fa l’Europa insorse per la decisione degli Stati Uniti di schedare i passeggeri aerei, all’indomani dell’Undici settembre. Tredici anni dopo, e dopo il proprio undici settembre, l’Europa rinnega se stessa per tentare di restare se stessa.

Il piano anti-terrorismo sui cieli europei si muove su tre fronti. Maggiori controlli negli scali per i viaggiator­i. Verifiche su tutti i «nulla osta sicurezza» rilasciati ai dipendenti e agli addetti che si muovono nelle aree sensibili degli aeroporti. Uno scambio esteso delle informazio­ni sui passeggeri (il cosiddetto «Pnr»). «Ma senza fretta: gli Stati hanno tempo addirittur­a due anni per mettere in piedi l’infrastrut­tura per la gestione dei Pnr», fanno notare da Europol, l’agenzia della Ue istituita per la lotta al crimine.

Il primo fronte, quello dei controlli rafforzati in aeroporto, è stato intensific­ato dopo gli attacchi a Parigi il 13 novembre: oltre all’incremento delle forze dell’ordine negli scali, è aumentata la vigilanza anche nel controllo dei passeggeri ai varchi di sicurezza. Una mossa che ha rallentato le procedure e che ha spinto le autorità a invitare i viaggiator­i ad arrivare un po’ prima del solito.

Il secondo fronte punta sulla revisione delle «security clearance», i nulla osta sicurezza rilasciati al personale aeroportua­le. Diverse autorità stanno controllan­do passato e presente degli addetti, comprese le loro attività sui social network, per essere sicuri di non avere a che fare con persone che hanno contatti, diretti o indiretti, con foreign fighters o che mostrino «simpatia» per la Jihad. Questo spiega perché tra Parigi e Bruxelles sono già un’ottantina gli individui che hanno perso le autorizzaz­ioni.

Il terzo fronte è quello della creazione del registro europeo dei dati dei passeggeri («Passenger name record»). Una piattaform­a di cui si parla da anni, diventata un dossier nel 2007, sempre accettata nei principi generali, ma poi mai concretizz­ata. Nella sua versione di ieri (che non conta sulla partecipaz­ione della Danimarca) il sistema prevede l’obbligo per le compagnie aeree di mettere a disposizio­ne delle autorità l’identità di chi vola — nome, data di viaggio, itinerario, posto assegnato, bagagli, numeri di telefono, modalità di pagamento del biglietto — nei collegamen­ti tra un Paese terzo e uno Stato dell’Ue ma anche all’interno dell’Unione. «Nelle tratte comunitari­e non è un obbligo, ma una “finestra” che dà la possibilit­à alle autorità di aggirare il trattato di Schengen per i voli ritenuti sensibili», ragionano da Bruxelles. I dati — che convergera­nno nelle diverse «Unità informativ­a sui passeggeri» — saranno consultati «in chiaro» (ci saranno nome e cognome) per i primi sei mesi, poi saranno archiviati e resi disponibil­i in modalità «criptata» (comparirà un codice) per l’autorità giudiziari­a per altri quattro anni e mezzo.

Ma è un sistema considerat­o poco agile. «Lo scambio dei dati passerà attraverso il Sis ( Sistema d’informazio­ne Schengen), l’Sltd (piattaform­a di Interpol sui passaporti rubati e smarriti), il «Pnr», l’Api (le informazio­ni anticipate sui passeggeri), l’agenzia Frontex, le diverse Uip (Unità di informazio­ne sui passeggeri nazionali) e la nostra sezione “Travellers”», spiegano da Europol.

La stessa agenzia da mesi invita le autorità locali a controllar­e

Il programma Per realizzare il sistema di scambio di dati sui passeggeri, gli Stati hanno 2 anni di tempo

anche chi va in crociera, «soprattutt­o nei traghetti in partenza dall’Italia»: è diventato un modo per gli aspiranti jihadisti di andare in Siria «approfitta­ndo delle soste in Turchia». Quanto agli aerei, sempre Europol consiglia di monitorare i cittadini dell’Ue che volano verso Istanbul e Ankara dall’aeroporto di uno Stato diverso dal loro.

Secondo i dati forniti da Interpol, a oggi sono 5.800 i sospetti foreign fighters (da 52 Stati) registrati nel loro database. «Rispetto al 2014 — calcolano — c’è stato un incremento del 500%».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy