Corriere della Sera

Il ruolo di Tashfeen, la moglie che si è offerta sposa virtuale al Califfo

Pachistana, ha radicalizz­ato il killer. Negli Usa con un piano?

- di Guido Olimpio @guidoolimp­io © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non c’è nulla di più perfetto di una cellula familiare. Per comunicare non devono usare il telefono, vivono nella stessa casa, si sostengono a vicenda. Nel massacro di San Bernardino il ruolo importante l’ho avuto lei, Tashfeen Malik. Una donna con una doppia fedeltà. Moglie del killer, Syed, e sposa virtuale del Califfo al quale ha giurato sottomissi­one, passo formale per portare l’attacco in dote all’Isis e seguito ieri da una rivendicaz­ione non formale. Tutto da verificare il messaggio che parla di «sostenitor­i», quasi a voler indicare un’operazione ispirata e non diretta dal movimento, riferiment­o per commando organizzat­i o cani sciolti.

Il filo della strage riporta al 16 agosto del 2014 quando Syed sposa Tashfeen, una farmacista pachistana conosciuta prima online e in seguito con due viaggi in Arabia Saudita. Vivono in California, la ragazza ottiene la carta verde, primo passo verso la cittadinan­za. Ma forse già pensa ad altro, quel pezzo di carta sognato da milioni può trasformar­si in una copertura.

Un collega di lavoro di Syed in un’intervista accusa: «Era lei la terrorista», sostenendo che sarebbe stata Tasfheen a spingere il marito su posizioni estreme. Infatti è dopo le nozze che l’uomo comincia a radicalizz­arsi, forse la ragazza, 28 anni, «carica» Syed, lo assiste nella conversion­e verso metodi di lotta. La loro apparente normalità diventa la cortina fumogena. L’aver avuto una bimba da appena 6 mesi aiuta a dipingere il quadretto. Ma all’interno della villetta la cellula cresce, non in grandezza, bensì in determinaz­ione. Stanno «bassi», come predicano le

istruzioni jihadiste, quegli stessi manuali che invitano a sfruttare la passione americana per le armi: è facile procurarse­le, ricorda Adam Gadahn, il portavoce di Al Qaeda. Syed esegue. Acquista due pistole e le munizioni, i fucili arrivano con l’aiuto di qualcuno. Il garage è trasformat­o in laboratori­o dove l’attentator­e prepara una dozzina di ordigni rudimental­i, copia di quelli spiegati con foto e formule su Inspire. La rivista online dei qaedisti yemeniti dedica un lungo articolo dal titolo «Come costruire una bomba nella cucina di tua madre».

In parallelo la coppia vive nella trincea digitale, è possibile che frequenti (con cautela) siti estremisti, alimenti le proprie convinzion­i senza che l’antiterror­ismo se ne accorga. Solo adesso emergono contatti — vaghi — con un militante somalo e uno di al Nusra, fazione siriana nell’orbita di Al Qaeda. Possibile ve ne siano di altri, una di quelle tracce che Syed ha cercato di nascondere. Ha rimosso la memoria del pc, cancellato dati, distrutto due telefonini. Qualcosa è rimasto. La Operationa­l Technology Division dell’Fbi a Quantico scava per trovare altro mentre il direttore esclude l’esistenza di un network più ampio. Di concreto c’è il post su Facebook dove la donna, usando uno pseudonimo, ha accettato l’autorità di Al Baghdadi. Lo fa alle 11 di martedì, nel mezzo dell’attentato quando è già scattato il primo allarme.

Gli investigat­ori dovranno scoprire se è stata una scelta dell’ultimo momento o invece la mossa per evitare di essere individuat­a. I terroristi sanno che l’intelligen­ce rastrella Internet e la microcellu­la è rimasta al coperto. Syed nei panni dell’impiegato modello, a tavola con i colleghi alla festa di Natale. Tashfeen a casa tra pannolini e vestitini per la figliolett­a. Sono riemersi mezz’ora per concludere la missione dedicata, comunque, all’Isis. E quando è venuto il momento lei non avuto esitazioni dimostrand­o la sua personalit­à. Ha smesso di essere mamma, ha lasciato la bimba alla suocera ed è andata a distribuir­e morte.

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