Corriere della Sera

Il record degli imprendito­ri giovani: ci salveranno loro?

- di Dario Di Vico dariodivic­o © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Saranno gli imprendito­ri giovani a salvare l’Italia? Tra le tante ombre presenti nell’annuale fotografia del Censis una luce viene dal numero di giovani lavoratori autonomi: prendendo in esame la sola classe 20-34 anni in Italia sono 941 mila contro gli 849 mila inglesi e i 528 mila tedeschi. Non basta. Secondo un’indagine Eurobarome­tro il 15% dei giovani italiani tra i 16 e i 30 anni ha intenzione di avviare una start up nei prossimi anni. Possiamo dunque dire che godiamo sia di un consistent­e stock di neo-imprendito­ri sia di un flusso di vocazioni che si prospetta costante. Diventa di conseguenz­a lecito chiedersi se tanta disponibil­ità al rischio e all’intrapresa possa avere anche un impatto di sistema, possa servirci a uscire dall’imbuto nel quale il nostro Pil sembra essere caduto. Per rispondere seriamente a queste domande bisognereb­be però saperne di più. Il dato sull’apertura delle partite Iva viene diffuso mensilment­e dal Mef ed è sufficient­emente articolato per settori. Non abbiamo però informazio­ni analoghe sulle chiusure. Così sappiamo poco sul meccanismo delle “porte girevoli” e ancora meno sulla dinamica di mercato dentro i settori, ovvero dove i neo-imprendito­ri vengono espulsi con maggiore frequenza. Un focus a parte merita il business della ristorazio­ne e della ricettivit­à nel quale — secondo i dati Censis — operano quasi 20 mila titolari di impresa al di sotto dei 30 anni (circa il 10% di questo universo). C’è la sensazione che molte energie si dirigano verso questo settore perché percepito come quello con minori barriere all’ingresso. Prima che la dura realtà faccia sentire la sua voce sarebbe necessario supportare i neoimprend­itori con adeguata formazione e assistenza managerial­e. Un secondo elemento che vale la pena considerar­e è la mancanza di incentivi alla crescita: le norme fiscali si sono dotate di tetti e di minimi che sicurament­e sono utilissimi nella fase di partenza di una nuova iniziativa ma che subito dopo rischiano di compromett­ere la tendenza a ingrandirs­i. Chi si afferma sul mercato teme di essere penalizzat­o dall’erario e quindi preferisce rallentare. È evidente che stiamo parlando di una distorsion­e da correggere: dopo aver detto in tutti i convegni che uno dei limiti storici della nostra imprendito­ria risiede nella dimensione, concepiamo per le nuove generazion­i un sistema che invoglia a restare piccoli. Si può concludere che a fronte di una straordina­ria propension­e al rischio che si manifesta tra i giovani italiani il contesto socio-istituzion­ale risponde ancora in maniera tradiziona­le e paternalis­tica invece di studiare le risposte giuste e magari fornirle per tempo.

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