Corriere della Sera

«Obama mi ha detto: ho buoni sondaggi, agirò deciso sul clima»

Il capo della delegazion­e francese al summit di Parigi «La transizion­e energetica è la chiave, servirà tempo»

- di Stefano Montefiori DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Nel suo ufficio di capo della delegazion­e francese alla COP21, Ségolène Royal accoglie il Corriere per fare il punto sulla prima settimana di negoziati. Oggi verrà consegnata una prima bozza di accordo, e la ministra dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibil­e e dell’ Energia offre una visione ottimista, nonostante le diffuse preoccupaz­ioni per la lentezza dei colloqui.

Ministra, i negoziati stanno procedendo nel modo giusto?

«Siamo in una fase che non dobbiamo drammatizz­are, le delegazion­i hanno discusso un testo che pre-esisteva all’inizio della conferenza, i capi di Stato sono arrivati per dare il loro impulso politico, e i negoziator­i hanno rivisto tutti i punti che hanno bloccato le trattative negli anni precedenti. È un lavoro utile e io voglio vedere le cose in positivo. Abbiamo un primo testo, lo stiamo migliorand­o. Dalla prossima settimana saremo noi ministri a occuparcen­e».

Qual è a suo avviso lo snodo fondamenta­le?

«I Paesi africani ripetono che sarà più facile passare alle energie rinnovabil­i quando smetterann­o di essere più costose rispetto al petrolio. Ma anche noi non domandiamo altro, è la questione alla base della transizion­e energetica dalle energie fossili a quelle rinnovabil­i».

Quindi diventa centrale il tema dei finanziame­nti dai Paesi ricchi a quelli emergenti o in via di sviluppo.

«Sì, e i finanziame­nti sono confermati: 100 miliardi da adesso al 2020 e poi 100 miliardi l’anno a partire dal 2020. Ma sarà importante precisare come e da chi verranno spesi quei soldi, per quali progetti».

E i trasferime­nti di tecnologia?

«Ugualmente importanti, fanno parte dello stesso pacchetto».

È vero che l’India frena l’avanzament­o dei negoziati?

«La loro è una posizione più difficile, devono ancora raggiunger­e un certo grado di sviluppo per tutti i cittadini e temono che le limitazion­i alle energie fossili allontanin­o questo traguardo. Ma allo stesso tempo il primo ministro Narendra Modi è molto impegnato nelle questioni operative, è il promotore dell’Alleanza solare internazio­nale e fa parte dell’iniziativa per il raddoppio degli investimen­ti nelle rinnovabil­i. Da un punto di vista personale, mi sembra convinto della necessità della transizion­e energetica».

C’è poi il problema degli Stati Uniti: alla COP21 si cerca un accordo vincolante, ma a Washington il Congresso a maggioranz­a repubblica­na non lo ratificher­ebbe. Come state cercando di risolvere, o aggirare il problema?

«Cerchiamo di non vedere le cose in bianco e nero, tutto o niente. Il presidente Barack Obama è molto determinat­o. Intanto può fare molto basandosi sul Climate Act americano, e poi sente di avere dalla sua parte l’opinione pubblica. Un sondaggio diffuso lunedì scorso ( Cbs News/ New York Times, ndr) indica che due terzi degli americani vogliono un accordo giuridicam­ente vincolante. La sera a cena con Obama il presidente ne era molto colpito, ha evocato quel sondaggio. Ha detto che era un’ottima notizia, che poteva fare leva su questo sondaggio per giustifica­re un atteggiame­nto

più offensivo contro il riscaldame­nto climatico. Sono in corso delle dinamiche positive, occorre fare prova di immaginazi­one».

La Francia e altri Paesi tra cui la Germania sono favorevoli a una tassa sulle emissioni di carbonio nell’atmosfera, in modo che chi inquina paghi. Il consenso attorno a questa misura sta crescendo?

«Sì, i Paesi favorevoli a stabilire un prezzo del carbonio sono saliti a quaranta, e anche

molte imprese pensano sia una misura da adottare. Anche se non è incluso nel progetto di accordo finale».

Talvolta le politiche dei governi sono contraddit­torie. Berlino frena sul nucleare e rilancia il carbone, ad esempio.

«Ogni Paese ha il suo modello energetico a lui proprio. È vero che la decisione tedesca di fermare lo sviluppo del nucleare ma ricorrere allo stesso tempo alle miniere di carbone a cielo aperto solleva delle questioni. In seno all’Unione Europea comunque la Germania è molto impegnata».

Anche lei è stata criticata per avere firmato l’autorizzaz­ione per nuove ricerche di idrocarbur­i in Francia.

«Ma tutti i Paesi hanno problemi di decisioni interne, per questo parliamo di transizion­e energetica. Non si può passare dalle energie fossili a quelle rinnovabil­i da un giorno all’altro. Bisogna lavorare per superare queste contraddiz­ioni».

Le ha fatto piacere vedere i francesi riappropri­arsi del tricolore, dopo gli attentati? È una sua proposta durante la campagna presidenzi­ale del 2007.

«Sì, sono stata molto contenta, è un simbolo per tutti i cittadini. Mi ha commosso vederlo sventolare sui grandi monumenti del mondo, e constatare che i francesi ne hanno fatto un segno di unità nazionale, come auspicavo otto anni fa».

Che cosa pensa dello stato di emergenza? La risposta del governo è stata troppo incentrata sulla sicurezza?

«No, non lo penso affatto. Mi sembra un falso problema. Anche io per esempio ho chiesto di aumentarla nel mio settore di competenza, con i metal detector nelle stazioni dei grandi treni internazio­nali. La sicurezza è fondamenta­le. Sono i cittadini a chiederla».

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Mondo migliore La ministra dell’Ambiente francese Ségolène Royal, 62 anni, al COP21

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