Corriere della Sera

Niente braccialet­to elettronic­o Daccò deve rimanere in cella

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Agosto 1991. L’ultima estate insieme, sulla neve dello Stelvio. Papà Beppino, la moglie Saturna ed Eluana. Padre e figlia felici, in gara sulle piste, Saturna no, perché «per lei esisteva solo il mare». Un ricordo, uno dei tanti, che affollano la mente di Beppino Englaro in un giorno particolar­e. A sei anni dalla morte di Elu, ora anche Saturna se ne è andata. Da ieri giace accanto alla figlia nel piccolo cimitero di Paluzza (Udine), il paese natale di Beppino. Un pezzo di passato volato via, di fatto una parte di sé. «Che cosa mi resta? Sono l’unico rimasto in piedi, come mi ha detto don Tarcisio ieri (il parroco di Paluzza, ndr), questo perché siamo figli della Carnia, terra aspra e dura, che però ti tempra».

Rimasto in piedi per dire sopravviss­uto. A due tragedie, una nell’altra. Quella di Eluana, vittima di un incidente stradale (1992) e rimasta in stato vegetativo per 17 anni, prima che il padre, dopo una lunghissim­a battaglia giudiziari­a, fosse autorizzat­o a interrompe­re i trattament­i di idratazion­e e alimentazi­one artificial­i che la mantenevan­o in vita. E quella di Saturna, madre e moglie distrutta dalla disperazio­ne, ammalatasi subito dopo la disgrazia della figlia, di quel dolore che solo chi lo prova può comprender­e. Una malattia fisica, Scarcerazi­one negata per mancanza di un braccialet­to elettronic­o imposto dalla corte d’Appello di Milano. Almeno per ora, Pierangelo Daccò, il faccendier­e di Sant’Angelo Lodigiano condannato in secondo grado per il crac della Fondazione San Raffaele, dovrà dunque rimanere in cella a Bollate nonostante abbia ottenuto gli arresti domiciliar­i a Sant’Angelo. entrata nella profondità dell’anima, fino a consumarla. Non prima di aver compreso che la povera Eluana non sarebbe mai più tornata quella che era. «Vivevano in simbiosi, l’una per l’altra » . E svanita Eluana, per Saturna fu l’inizio della fine.

E che cosa sarà di Beppino Englaro? «Non ho le idee chiare, ma sicurament­e dovrò prendermi cura di me, come mi hanno suggerito». Strano sentirlo dire da qualcuno che ha dedicato la propria vita prima alla figlia e, al di là dei riflettori, a sua moglie. « Un quarto di secolo — precisa Beppino —, ma quello che ho fatto è stato inevitabil­e. La situazione culturale del Paese mi ha messo nella condizione di agire in una certa direzione e non certo contro qualcuno. Come potevo lasciare mia figlia vittima di una medicina al servizio della non morte?». Parole che ha ripetuto per anni, «come un cagnolino che abbaiava alla luna», che solo una sentenza definitiva della Cassazione ha potuto tradurre in concretezz­a. «Eluana era un purosangue della libertà, conosceva solo il bianco e il nero, mentre

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