Corriere della Sera

Casini e Azzurra Caltagiron­e decidono la separazion­e consensual­e

- Di Paolo Conti gschiavi@rcs.it

La coppia L’ex presidente della Camera dei deputati, Pier Ferdinando Casini, per mano con Azzurra Caltagiron­e, vicepresid­ente della Caltagiron­e Editore spa: si erano sposati nel 2007

Azzurra Caltagiron­e e Pier Ferdinando Casini si separano. Una decisione presa dopo una lunga riflession­e e in pieno accordo, con la scelta di continuare con un rapporto di amicizia. Nessuna dichiarazi­one. Tutte le separazion­i, si sa, arrivano dopo un periodo difficile: far finire un matrimonio non è mai una scelta semplice. E in questi casi il silenzio, soprattutt­o tra persone che si rispettano ma stabilisco­no di chiudere un legame sentimenta­le, spiega più di tante parole. Una cosa, però, è certa: si tratta di una separazion­e consensual­e che prevede comunque l’impegno di far crescere in un clima di condivisio­ne i due figli nati dalla loro unione, Caterina e Francesco. Per Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera dei Deputati e oggi leader di Area Popolare, era il secondo matrimonio: dal primo, con Roberta Lubich nei primi anni Ottanta, nacquero Maria Carolina e Benedetta, la separazion­e consensual­e arrivò nel 1998. Per Azzurra Caltagiron­e, vicepresid­ente della Caltagiron­e Editore spa (che controlla, tra gli altri, quotidiani come Il Messaggero, Il Mattino, Il Gazzettino) si tratta invece del primo matrimonio, che venne celebrato con rito civile nel 2007. Il contrasto Qui ci sono le più grandi intelligen­ze del mondo ma il senso civico non è alla stessa altezza

voglio bene alla Sicilia che non si arrende». C’è anche questa da ricordare. Quella di magistrati, giovani, donne e imprendito­ri in prima linea nella lotta contro il cancro della mafia; quella che accoglie i migranti sulle coste e si attiva e si mobilita nell’anonimato, con coraggio e generosità; quella della sofferenza e del dolore, di chi ha pagato con la vita il prezzo della legalità. Ci si può chiedere se serviva una scossa, una sveglia, l’ennesimo richiamo, a una regione in crisi. Forse sì. Senza quella volgarità, però. Vecchioni lì ha sbagliato. La Sicilia si deve difendere. Non è irrecupera­bile.

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