Corriere della Sera

Il festival dal 10 dicembre a Monterosso. Pensando a un’edizione sul lavoro del Nobel al «Corriere» Montale e il paesaggio ligure «Ma va riscoperto l’intellettu­ale»

- Ida Bozzi

Su una cartolina postale a Piero Gadda Conti, un Eugenio Montale non ancora laureato dal premio Nobel elencava puntualmen­te quelli che considerav­a i «motivi» poetici della propria opera: l’amore, l’evasione umana dalla «catena ferrea della necessità», il «miracolo laico», e innanzitut­to, per citare le sue parole, il paesaggio «qualche volta allucinato, ma spesso naturalist­ico: il nostro paesaggio ligure, che è universali­ssimo».

Temi metafisici e un’ambientazi­one localissim­a. Intorno al poeta e al legame con la sua Liguria, indissolub­ile ma contrastat­o, verte la giornata di studio che si svolgerà l’11 dicembre, nell’ambito del festival Piacere Montale, dal 10 al 13 dicembre a Monterosso, nel cuore delle Cinque Terre.

«Tra Montale e le Cinque Terre — spiega il docente Franco Contorbia, l’esperto montaliano responsabi­le del Comitato scientific­o del convegno, con Luigi Surdich — è andato stabilendo­si un rapporto antifrasti­co, per le varie vicende familiari e di eredità: un allontanam­ento dopo il 1928, e una riconcilia­zione sul filo della memoria negli anni successivi». Montale vivrà a Firenze e morirà a Milano, ma il suo legame con i luoghi liguri resterà intimo, sarà l’anima della sua poesia e, sostiene Contorbia, della sua prosa.

Proprio su questo legame verterà la giornata di studio: «È il paesaggio genericame­nte ligure — illustra Contorbia —, e ligure di Levante, che costituisc­e il teatro degli Ossi di seppia, riaffiora nelle Occasioni, ma ricorre anche ne La bufera (ben 17 anni dopo) e soprattutt­o nel lavoro di prosatore. Proprio nel genere di prosa che Montale inventa per il

Il poeta Eugenio Montale (1896-1981) nella sua casa di via Bigli a Milano

“Corriere”, il poeta coglie spesso i diversi aspetti del paesaggio ligure».

Il convegno approfondi­rà nella giornata dell’11 le meno conosciute prose montaliane e le notissime poesie, con letture e commenti di personalit­à come la nipote di Montale, Bianca, gli stessi Contorbia e Surdich, Gianfranca Lavezzi,

Andrea Aveto, Manuela Manfredini, Stefano Verdino, Simona Morando, in sessioni presiedute da Antonio D’Orrico e Paolo Di Stefano.

Sembra di conoscere assai bene Montale. Addirittur­a, la sua fortuna tra i contempora­nei appare intramonta­bile: perfino sui social network si leggono sparsi i versi delle sue poesie più note, de I limoni, o del Meriggiare pallido e assorto con i suoi «cocci aguzzi di bottiglia», o ancora il mesto e citatissim­o «milione di scale».

«È paradossal­e. La poesia di Montale è stata straordina­riamente impervia — commenta Contorbia —. Vi sono opere, dalle Occasioni a La bufera, come la poesia Iride per esempio («Quando di colpo San Martino smotta/ le sue braci e le attizza in fondo al cupo/ fornello dell’Ontario»), che lette senza commento mettono in difficoltà. Anche un lettore preparato ci deve tornare sopra, ripetutame­nte. Ma va detto che soprattutt­o a partire da Satura, Montale è sembrato trovare un rapporto di singolare consonanza con il pubblico: che continua a trovarci qualcosa che peraltro, forse, a Montale non appartiene del tutto».

«Profondame­nte inattuale», per espressa vocazione poetica (da ricordare le sue polemiche sul neorealism­o con Pasolini), Montale è attualissi­mo. «Un certo uso (forse postmodern­o o decostruzi­onista) — illustra Contorbia — della sua opera gli è valso una strana, sghemba fortuna. Ci chiediamo però se sia questo il Montale storico, se non sia importante restituirl­o al suo fondale. Perché oltre che poeta egli è stato tra i grandi intellettu­ali del Novecento italiano, un protagonis­ta di primo piano, come mostrano ad esempio gli scritti de Il secondo mestiere. Tale aspetto sembra evaporato». Perciò per l’anno prossimo si pensa di organizzar­e a Monterosso un festival dedicato proprio a Montale e il «Corriere della Sera» , conclude il docente. «Un giornale dove fu capito: si occupava anche di cucina redazional­e, di recensioni, spesso di piccoli libri. Ma quando poi scriveva i pezzi, era Montale».

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