Reni, un’anima tormentata che inseguiva la purezza
ogni opera del Caravaggio era una spacconata o una confessione; ogni tela dipinta da Reni era, al contrario, un esercizio di dissimulazione del vero.
Non la realtà, ma l’Idea era per lui il fine della rappresentazione. « Vorrei aver avuto pennello angelico, o forme di Paradiso per formare l’Arcangelo, o vederlo in Cielo; ma io non ho potuto salir tant’alto ed invano l’ho cercato in terra. Sicché ho riguardato in quella forma, che sull’idea mi sono stabilita», scrisse al maestro di casa del Papa, riferendosi al dipinto di San Michele Arcangelo per Santa Maria della Concezione.
Pigmenti, carta, tela, lo stesso gesto della mano, non potevano che corrompere la perfezione ideale. Ecco perché la sua strada non poteva essere la stessa del Caravaggio, ma Lo sguardo al cielo «Anima beata» è stato l’ultimo dipinto dell’artista bolognese, realizzato nel 1642 nemmeno quella dell’altro pittore ammirato, che giganteggiava a Roma: Rubens. Reni sgonfia tutti i panneggi agitati del vento sensuale del pittore fiammingo; predilige l’ordine e la simmetria; la religiosità austera e didascalica; l’eleganza castigata. Ma questa aspirazione alla purezza era conquistata affinando l’esercizio dell’artificio che altro non è se non finzione. La stessa maschera sotto cui dissimulava il malessere della propria anima.
Tornato definitivamente a Bologna nel 1614, Reni guadagnava cifre esorbitanti che però non bastavano per ripagare i debiti di gioco, il suo vizio oscuro. Si ridusse persino a lavorare a ore per un mercante aguzzino, lui che non si era piegato nemmeno alla tirchieria del Papa. Cadde vittima di una paranoia incontrollabile e del delirio di persecuzione.
Per paura che fossero streghe, non faceva entrare le donne nella sua casa dove invece bivaccano allievi di nessun talento che lo sfruttavano. Sentiva di avere nemici ovunque e temeva il malocchio più di ogni altra cosa. Alla sua morte nel suo studio furono ritrovate decine di tele non finite. Nessuno sa dire se fossero dipinte con appena un velo di pigmento per il desiderio di purezza assoluta o se quella maniera fosse conseguenza della fretta di lavorare per coprire i debiti di gioco.