Corriere della Sera

Il premier

- Corriere

«Hollande non dirà nulla, continuerà a mostrare un’amicizia particolar­e verso l’Italia, ma sono cose che non si dimentican­o. Guardi la Germania: Angela Merkel non aveva mai preso una decisione del genere, ora ha scelto di intervenir­e».

L’altro argomento di Renzi

«Serve un accordo chiaro su Siria e Libia, non inseguo i bombardame­nti degli altri»: il premier RRenziihha spiegato ieri in un’intervista al

la linea del governo, che non aumenterà l’impegno dell’Italia sul fronte della guerra all’Isis: «Usammo questa strategia in Libia nel 2011: 4 anni di guerra civile lì dimostrano che non fu una scelta felice»

è che non si può agire sul piano militare contro l’Isis, se non c’è una chiara visione politica sul dopo.

«La prima cosa è vincere e distrugger­e un nemico forte, che cerca di destabiliz­zare le nostre società. È importante che il maggior numero di Paesi s’impegni in questa battaglia. La pace deve essere nella nostra mente e occorre preparare il dopo. È vero che l’operazione libica è fallita, poiché nessuno aveva pensato alla soluzione politica. Ma era un’altra partita: Isis-Daesh non è uno Stato, è un’organizzaz­ione che vuole distrugger­e gli Stati nei quali si incista: l’Iraq, la Siria e ora la Libia. Vogliamo continuare a lasciarli fare? E quando anche la Libia sarà distrutta, ci domanderem­o se intervenir­e o meno? C’è un errore di ragionamen­to da parte dell’Italia, per giustifica­re il non intervento».

condo lei?

Cos’è che provoca questo atteggiame­nto, secondo

«Forse si pensa sia sufficient­e l’aiuto a livello di intelligen­ce e quella italiana è sicurament­e molto buona. La Francia però ha chiesto all’Italia di aumentare il suo impegno in Libano, che è una missione di pace Onu nella quale non si combatte, per potersi concentrar­e meglio sulla Siria. E poi c’è la Marina italiana, una delle migliori nel Mediterran­eo: che sia la Germania e non l’Italia a mobilitars­i al fianco della Charles de Gaulle, è problemati­co. Manca un gesto, anche simbolico».

Sulle decisioni italiane influisce la speranza di mettere il Paese al riparo da attentati?

«Può darsi, ma è un illusione. Siamo tutti sotto tiro: i jihadisti combattono il nostro stile di vita, le nostre libertà. E poi se facciamo una sinistra contabilit­à degli attentati, l’80% delle vittime sono di confession­e musulmana».

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