Corriere della Sera

Letta: fateli governare e la rabbia sbollirà

L’ex premier che ora vive a Parigi: a forza di intese anti Front, diventerà presidente

- Di Alessandro Trocino

ROMA «Mi auguro che il Front national governi e non venga escluso da accordi a tutto campo». L’auspicio può sembrare strano, visto che a parlare è Enrico Letta, ex premier del Pd che ora guida la scuola d’affari internazio­nali di Sciences Po, a Parigi. E visto che il destinatar­io è Marine Le Pen.

È un bene che governi nelle regioni?

«Intendiamo­ci: credo che la Le Pen sia un disastro, per la Francia e per l’Europa. Il fatto che poi si stia parlando di un voto a una dinastia familiare e familista, ha dell’incredibil­e».

Dunque perché sarebbe un bene?

«La Francia è una pentola a pressione con un coperchio chiuso. Il successo del Front national è così dirompente anche perché finora quel 27% è stato emarginato ed escluso dal Parlamento».

I socialisti, pur di fermare la destra xenofoba, ritirano i loro candidati.

«Li capisco. Ma un fronte dei partiti può essere controprod­ucente. Se non si trovano valvole di sfogo e democrazie accoglient­i, la Le Pen rischia di vincere le Presidenzi­ali».

Molti legano il successo di

Fn agli attentati di Parigi.

«È un errore. I sondaggi di un mese fa, prima degli attentati del 13 novembre, davano lo stesso esito. Il terrorismo non ha spostato nulla. Il che non vuol dire che integrazio­ne, emigrazion­e e impatto dell’Islam non c’entrino: ma erano temi già presenti».

Come si spiega allora questo successo?

«È un no radicale alla politica tradiziona­le, fatta di riti, di

vecchi linguaggi e di élite».

Si può fare un parallelo con i 5 Stelle?

«C’è un tratto comune molto forte: la Le Pen parla spesso di Umps, cioè di un partito unico del centro destra, Ump, e dei socialisti, Ps. Esattament­e come fa Grillo, quando cita Pdl e Pdmenoelle. Si pongono contro i partiti. In Francia come in Italia, come nella Spagna di Ciudadanos e Podemos, il messaggio è lo stesso: gli outsider contro il sistema, il popolo contro l’establishm­ent».

E hanno successo. Perché?

«Perché la povertà aumenta e c’è la paura che quel poco di ricchezza si debba condivider­e con gli immigrati. Questo è il voto di un popolo che sta male e si ribella. Il messaggio è questo: abbiamo provato tutti, tanto vale provare loro».

L’avanzata delle destre mette a rischio l’Europa?

«Mette in discussion­e l’idea stessa di Europa».

Salvini e Meloni esultano.

«Hanno poco da gioire. In Francia la destra di Sarkozy è stata durissima con il Fn e non farà mai accordi con loro. C’è un fossato incolmabil­e».

È la fine dei socialisti?

«Hollande ha gestito bene

la crisi, facendo risalire il partito nei sondaggi. Ma, certo, i socialisti perdono le elezioni da anni. Il voto punisce la politica tradiziona­le».

Il populismo avanza.

«Il termine è abusato. Ma la gente ce l’ha con le élite. E il populismo antisistem­a non è mai stato così forte, in Italia. Effetto in parte anche del livellamen­to di Internet, che consente di raggiunger­e sempre più persone e fa contare sempre meno le strutture di partito. E i politici di profession­e».

Lei ha smesso, almeno temporanea­mente.

«È stata una scelta di vita, non ci possono essere carriere che durano tutta la vita. Parlando

in generale, per fare politica bisogna fare una vita normale».

L’Islam è compatibil­e con le grandi democrazie? Con la secolarizz­azione francese, con la laicità europea? O aveva ragione la Fallaci?

«Ho molti dubbi sulla tesi della scontro di civiltà. C’è piuttosto un’islamizzaz­ione del radicalism­o. Gli attentati sono stati fatti da reietti della società, in Francia e in Belgio, che nella loro follia hanno incrociato l’islamismo. Non è buonismo: il problema vero sono le sacche di esclusione».

Gli attentati «Il terrorismo non ha spostato i risultati: i sondaggi prima degli attentati erano uguali»

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