Corriere della Sera

Salvini: con il Front sul palco a gennaio

- Di Marco Cremonesi

MILANO «Questa è la rivincita dei piccoli. Il Front national oggi è il primo partito tra quanti in Francia non hanno mai avuto voce. Noi vogliamo essere la stessa cosa in Italia: il partito dei piccoli. In gennaio si svolgerà a Milano un grande incontro con Marine Le Pen e tutti gli altri partiti europei del nostro gruppo. Lì progettere­mo la nostra proposta di Europa, molto diversa da quella di Renzi, Hollande e Merkel».

Alla Scala va in scena Giovanna d’Arco, santa di Francia ed eroina del Fn. Ma lui, Matteo Salvini, resta in Liguria per stare con la figlia. Le elezioni francesi però lo hanno reso «felice».

Cosa le hanno insegnato?

«Che alla fine le buone idee vincono e non bisogna annacquarl­e. Per dire: io ce la metto tutta a costruire un’alleanza alternativ­a alla sinistra. Però, su alcuni temi, o è bianco o è nero. Il grigio non esiste».

Non è facile vedere il Fn come il partito dei piccoli…

«Ma lo è. Tra l’altro, anche in Francia si è visto uno spettacolo molto italiano come il tutti contro uno. Marine Le Pen aveva contro le banche, i tre quarti dei giornaloni, i grandi industrial­i, molti pseudointe­llettuali. E invece ha vinto la sicurezza. E il lavoro».

Lei non sembra un laburista. O no?

«Si sbaglia. Noi siamo per il lavoro. Il Fn è il primo partito tra i giovani, gli impiegati e gli operai, i piccoli commercian­ti. È il primo tra i piccoli. Che è esattament­e il mio obiettivo. Rappresent­are i piccoli e offrire una scelta all’Italia».

Come vede questa scelta?

«È semplice. Matteo Renzi rappresent­a i grandi: le banche, le grandi aziende e le multinazio­nali, la finanza e i finanzieri. Guardi il salvataggi­o delle quattro banche alla faccia dei risparmiat­ori. In Italia il 93% delle imprese ha meno di dieci dipendenti, ma Renzi pensa al Jobs act e agli sconti Irap che aiutano soprattutt­o i grandi. Per una proposta alternativ­a penso ci sia grande spazio».

Però, diceva, o bianco o nero. A che cosa si riferiva?

«All’Europa. Chi si allea con la Lega deve avere una certa idea dell’Europa».

Gli alleati devono voler uscire dall’Europa?

«Noi non vogliamo uscire dall’Ue, ma riscrivere i trattati. Questa volontà riformista deve appartener­e anche ai nostri alleati. E sulla Turchia, occorre essere chiari: storicamen­te, geografica­mente e culturalme­nte, non è Europa».

I negoziati per l’adesione non sono appena ripresi?

«Per noi non è possibile. La Turchia è un Paese di crescente estremismo, al 98% islamico, e che fa concorrenz­a sleale alle nostre imprese. L’Ue negli ultimi anni ha dato alla Turchia 9 miliardi. I buoni rapporti sono un conto, portare la Turchia in salotto, è un altro».

Ai ballottagg­i, il Front national rischia di essere escluso dalla rinuncia dei socialisti

a presentars­i in alcune zone. È il rischio che corre anche la Lega?

«In Europa gli euroscetti­ci stanno crescendo in modo imponente. Abbiamo un sondaggio Swg che in Lombardia ci dà al 27,5%. È l’ultimo avviso. Vedremo i ballottagg­i: ma se saranno tutti contro uno vorrà dire che gli altri non hanno idee. E che questa Europa si arrocca contro i suoi cittadini».

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