Corriere della Sera

Crisi nel Mediterran­eo, il ruolo dell’Italia A Roma il vertice della coalizione anti-Isis

- di Paolo Gentiloni*

Il disordine che ha investito il Mediterran­eo rappresent­a una sfida esistenzia­le per l’Europa. La minaccia terrorista e il flusso di migranti che giungono ai nostri confini sono due questioni da tenere nettamente separate, ma entrambe ci mettono alla prova. Rimettono in discussion­e i valori su cui è nata l’Unione europea. Chiamano in causa la nostra identità culturale e coesione politica. Ci esortano a governare le sfide, invece di subirle.

Questi temi saranno al centro della Conferenza «Rome Med Dialogues» che si apre giovedì. Il ruolo dell’Italia quale crocevia naturale di iniziative diplomatic­he sul Mediterran­eo verrà ulteriorme­nte confermato dal vertice sulla Libia che — su proposta italo-americana — si svolgerà a Roma il 13 dicembre e da quello del gruppo ristretto della Coalizione antiDaesh previsto sempre a Roma nelle settimane successive.

Dopo i drammatici attentati di Parigi, il dibattito dei «Rome Med Dialogues» partirà dalle sfide più urgenti che dobbiamo affrontare: la sconfitta di Daesh, l’avvio di una transizion­e politica in Siria e la nascita di un governo di concordia nazionale in Libia. Ma obiettivo della Conferenza è di proiettare lo sguardo oltre le crisi, avviando una riflession­e su come ricostruir­e le premesse di un ordine regionale. Per quanto difficile possa sembrare, dobbiamo infatti iniziare sin d’ora a immaginare una «Pace di Vestfalia» per il «Mediterran­eo globale». Per una regione il cui concetto geopolitic­o si è allargato, includendo nuovi corridoi marittimi, fino al Golfo di Aden, e terrestri, nei territori africani dove la fragilità istituzion­ale favorisce il traffico degli esseri umani.

Nella visione italiana, questo embrione di nuovo ordine regionale potrebbe poggiare su tre pilastri. Anzitutto la necessità di non ripetere gli errori commessi in passato. L’Occidente ha già coltivato l’illusione di guerre lampo per poi subirne le conseguenz­e per anni e anni. Oggi contro Daesh l’opzione militare è certamente necessaria ma non sufficient­e per sconfigger­lo definitiva­mente. L’esperienza degli ultimi anni suggerisce poi che è compito delle potenze regionali contribuir­e a una pace sostenibil­e in

La sfida Dobbiamo immaginare fin da subito una «pace di Vestfalia» che coinvolga l’intera area

Medio Oriente. Non possono più essere Stati Uniti, singoli Paesi Europei o la Russia, e un domani la Cina, a tracciare dall’alto nuovi confini e nemmeno a garantire da soli la sicurezza della regione. La comunità internazio­nale resta tuttavia cruciale sia per contribuir­e alla sicurezza, sia per incoraggia­re gli attori regionali a svolgere un ruolo più cooperativ­o e meno conflittua­le. Il secondo pilastro è la riattivazi­one del dialogo regionale. Senza inseguire utopie, l’accordo raggiunto sul nucleare iraniano, il prezzo del petrolio e la comune sfida contro Daesh, potrebbero aprire spiragli per un percorso graduale di misure di fiducia tra i Paesi della regione. Progressi sostanzial­i nel lavoro sulla Siria iniziato a Vienna sarebbero particolar­mente significat­ivi.

L’ultimo pilastro di un nuovo ordine regionale va costruito con il coraggio di andare controtend­enza, elaborando un’agenda positiva per il «Mediterran­eo globale», senza rassegnars­i al pessimismo. Oltre le divisioni, oltre i conflitti, ci sono le opportunit­à. Anche per l’Italia. Penso, in particolar­e, agli effetti dell’accordo sul nucleare iraniano con l’economia di Teheran che, senza sanzioni, potrebbe crescere del 5%; al raddoppio del Canale di Suez che sta permettend­o di aumentare notevolmen­te il traffico merci nel Mediterran­eo; ai riflessi sulla regione dello sviluppo africano previsto al 5.3% negli anni 2017-2020; all’impatto della «Nuova via della Seta» cinese che termina proprio nel Mediterran­eo; alle prospettiv­e per il mercato energetico dell’area grazie — ad esempio — alle scoperte di Eni in Egitto.

La storia del Mediterran­eo è incontro tra culture e fedi religiose. È storia di pluralismo. La Conferenza di Roma può contribuir­e alla sfida con nuove idee, diventando un importante appuntamen­to annuale per riflettere sulla regione. Dobbiamo avere ben chiara la posta in gioco: non un’emergenza passeggera, ma il futuro dell’Europa. Per questo il Mediterran­eo ci chiama in causa e non può essere il luogo della riluttanza dell’Occidente.

*Ministro degli Esteri

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