Corriere della Sera

SONO I CODICI DI UMANITÀ AD ALLONTANAR­CI DAL MALE

- Rosario Sorrentino

Una persona osserva la folla, di scatto punta il suo mitra poi, urlando, spara all’impazzata per realizzare il suo delirante progetto: diffondere morte e paura. Torniamo un attimo indietro: cosa potrebbe bloccare nel cervello di un uomo l’input, il comando diretto alla sua mano che sta per uccidere? Potrà sembrare banale, ma l’unica cosa che in quel momento può veramente fermarlo è l’empatia, la sua, sempre se la possiede; chi uccide infatti lo fa perché privo di essa, di quella «voce», di quel pensiero che si traduce nella sua mente in tre sole parole: «fermati, non farlo». È la corteccia prefrontal­e a parlare per lui, quella parte del cervello dove si realizzano scelte, azioni e decisioni nel tentativo estremo di ricordargl­i urgentemen­te quei codici di umanità universali, essenziali per impedire di sopprimere l’altro. C’è sempre dentro di noi una frenetica e impercetti­bile competizio­ne tra circuiti nervosi per decidere, come in questo caso: uccidere o no? Siamo quindi votati al male? Viviamo, oggi, una comprensib­ile tensione emotiva che ci indurrebbe a rispondere subito sì, ma non c’è, non esiste in nessuno di noi l’«X-Factor», quel qualcosa di innato e indefinibi­le che può renderci predestina­ti a essere dei geni del male. Però, bisogna partire dalla biologia di ognuno di noi per capire quello che siamo, da quel «pacchetto», quel repertorio di cui siamo dotati dalla nascita, composto da un fitto intreccio, groviglio di sinapsi, neurotrasm­ettitori, geni e ormoni. Ma questo non basta, non è sufficient­e per comprender­e le radici e la logica del male che ancora ci sfuggono, perché poi quel «pacchetto» interagisc­e, comunica in modo continuo, con l’ambiente, con le nostre esperienze e con la cultura acquisita: fattori questi che sollecitan­o, «scelgono» e attivano le principali componenti del nostro agire. Noi siamo l’espression­e, il prodotto del nostro cervello e di quello che questo organo ci fa essere in ogni momento, ma anche della complessit­à e della moltitudin­e degli stimoli che riceviamo da ciò che ci circonda.

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