SONO I CODICI DI UMANITÀ AD ALLONTANARCI DAL MALE
Una persona osserva la folla, di scatto punta il suo mitra poi, urlando, spara all’impazzata per realizzare il suo delirante progetto: diffondere morte e paura. Torniamo un attimo indietro: cosa potrebbe bloccare nel cervello di un uomo l’input, il comando diretto alla sua mano che sta per uccidere? Potrà sembrare banale, ma l’unica cosa che in quel momento può veramente fermarlo è l’empatia, la sua, sempre se la possiede; chi uccide infatti lo fa perché privo di essa, di quella «voce», di quel pensiero che si traduce nella sua mente in tre sole parole: «fermati, non farlo». È la corteccia prefrontale a parlare per lui, quella parte del cervello dove si realizzano scelte, azioni e decisioni nel tentativo estremo di ricordargli urgentemente quei codici di umanità universali, essenziali per impedire di sopprimere l’altro. C’è sempre dentro di noi una frenetica e impercettibile competizione tra circuiti nervosi per decidere, come in questo caso: uccidere o no? Siamo quindi votati al male? Viviamo, oggi, una comprensibile tensione emotiva che ci indurrebbe a rispondere subito sì, ma non c’è, non esiste in nessuno di noi l’«X-Factor», quel qualcosa di innato e indefinibile che può renderci predestinati a essere dei geni del male. Però, bisogna partire dalla biologia di ognuno di noi per capire quello che siamo, da quel «pacchetto», quel repertorio di cui siamo dotati dalla nascita, composto da un fitto intreccio, groviglio di sinapsi, neurotrasmettitori, geni e ormoni. Ma questo non basta, non è sufficiente per comprendere le radici e la logica del male che ancora ci sfuggono, perché poi quel «pacchetto» interagisce, comunica in modo continuo, con l’ambiente, con le nostre esperienze e con la cultura acquisita: fattori questi che sollecitano, «scelgono» e attivano le principali componenti del nostro agire. Noi siamo l’espressione, il prodotto del nostro cervello e di quello che questo organo ci fa essere in ogni momento, ma anche della complessità e della moltitudine degli stimoli che riceviamo da ciò che ci circonda.