Corriere della Sera

Un saggio di Michela Marzano (Utet) sulle polemiche riguardant­i la differenza sessuale Sparano sul «gender», ma il vero bersaglio è l’uguaglianz­a

- Di Elena Tebano

Misterioso costrutto dal nome un po’ esotico, nell’ultimo anno la cosiddetta «teoria del gender» ha fatto irruzione nel dibattito pubblico italiano. Con una trasversal­ità senza precedenti: se ne parla in tv, sui giornali, ma anche nei consigli di classe di molte scuole, perché in nome del «pericolo» da essa rappresent­ato si teme per il futuro dei bambini. Pochi, pochissimi, però, sanno cosa si nasconde dietro questa espression­e. A colmare il vuoto è arrivato l’ultimo libro di Michela Marzano, filosofa italiana fuoriuscit­a in Francia e prestata alla politica di casa nostra con l’elezione alla Camera per il Pd: Papà, mamma e gender (Utet, pagine 151, 12).

Il testo (la cui missione didattica è resa esplicita dal glossario finale) ne ripercorre l’origine e lo strano paradosso: il «gender» è stato inventato da chi vi si oppone. Da circa mezzo secolo, infatti, esistono gli studi di genere, rimasti quieti sugli scaffali delle accademie senza che nessuno ne fosse disturbato. Ma essi, spiega Marzano, c’entrano «molto poco con le rappresent­azioni che se ne danno e con i fantasmi che suscita oggi anche solo la parola “gender”». L’obiettivo degli oppositori della «teoria del gender» è infatti un altro, e cioè tutte le posizioni (tra loro molto diverse) che «hanno come scopo quello di combattere contro le discrimina­zioni e le violenze subite da chi, donna, omosessual­e o trans, viene considerat­o inferiore solo in ragione del proprio sesso, del proprio orientamen­to sessuale o della propria identità di genere».

È un documento del Pontificio Consiglio per la Famiglia del 2000, ricostruis­ce Marzano, a connotare per la prima volta queste variegate posizioni come un’«ideologia che “attacca le fondamenta della famiglia e delle relazioni interperso­nali” e che diffonde l’idea che “l’essere uomo o donna non sarebbe determinat­o fondamenta­lmente dal sesso, bensì dalla cultura”».

Marzano mostra che ciò che la Chiesa criticava come «l’oscurarsi della differenza o dualità dei sessi», è stato trasformat­o nella vulgata dei gruppi militanti ProVita o Manif pour Tous in presunzion­e di «scegliere se essere uomo o donna» e «cambiare sesso se e quando si vuole», sulla base di un errore che confonde «due concetti molto diversi, ossia quello di identità e quello di uguaglianz­a». E quindi «quando si dice che una persona è uguale all’altra, non si sta dicendo che sono identiche», ma «che, nonostante le differenze specifiche che le caratteriz­zano, hanno la stessa dignità e lo stesso valore». Analogamen­te, criticare i ruoli di genere precostitu­iti non significa stravolger­e l’identità di genere (e meno che mai far cambiare sesso ai bambini).

Marzano decostruis­ce così una a una le accuse mosse alla supposta «teoria del gender». L’esito per molti versi è sconfortan­te: «Più cerco di capire che cosa ci sia dietro i video e gli scritti contro il gender — scrive —, più penso che si tratti di un insieme di argomenti senza fondamento, buttati lì per aumentare la cortina di fumo che nasconde il vero problema: l’omosessual­ità». È questo il reale idolo polemico di chi condanna il «gender».

@elenateban­o

La tanto criticata «teoria» in realtà non esiste: nessuno vuole far cambiare sesso ai bambini

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