Corriere della Sera

Le parole tristi del figlio di Quasimodo

- Di Paolo Di Stefano

Che tristezza la vicenda Quasimodo. Non tanto per il fatto che il figlio Alessandro ha messo all’asta la medaglia e il diploma del premio Nobel conseguito dal poeta nel 1959: ne aveva tutto il diritto e nessuno può rimprovera­re a un erede di vendere, se ne ha necessità, i cimeli del caro (e celebre) estinto ricavandon­e il più possibile. La tristezza è nelle parole che hanno preceduto la vendita (fruttata 100 mila euro). Il figlio ha voluto in qualche modo giustifica­re la liquidazio­ne dei cimeli paterni tirando fuori il risentimen­to per antiche beghe familiari, ricordando le sofferenze che ha vissuto da ragazzo, le pene di sua madre Maria Cumani per i tradimenti subìti, il viaggio del padre a Stoccolma in compagnia di un’altra donna. Anni fa lo stesso erede aveva avviato una lunga trattativa con il Centro manoscritt­i di Pavia, e cioè con Maria Corti, per vendere tutto l’archivio di Salvatore Quasimodo: nel 1981 cedette, dietro lauto compenso, solo una parte dei manoscritt­i delle traduzioni e delle opere poetiche, mentre riferiva di «molte stesure e appunti di lavoro ancora conservate tra le carte milanesi». Un’ulteriore trattativa, nel 1997, portò alla definitiva consegna dei materiali. Le carte consegnate a Pavia non erano però l’intero archivio promesso. La scheda, leggibile nel sito dei Beni culturali lombardi, parla chiaro: «una parte non quantifica­bile e non meglio conosciuta è ancora di proprietà dell’erede, altri materiali sono stati da lui alienati a collezioni­sti privati. Presso il Centro sono presenti materiali autografi in fotocopia, senza indicazion­e del luogo di conservazi­one degli originali». Ciò significa che il lavoro del padre (sia pure fedifrago) ha fruttato e continua a fruttare al figlio, oltre ai diritti d’autore, diverse entrate, in successive tranches coincident­i con i pezzi di archivio collocati qua e là. Ora, motivare queste operazioni essenzialm­ente economiche con ragioni sentimenta­li sembra davvero di pessimo gusto. Sarebbe divertente stilare una casistica degli inconsolab­ili eredi degli scrittori, per valutare quali sono le strategie di difesa della memoria dei loro cari in rapporto alle strategie per trarre il massimo vantaggio da quella presunta difesa. Ricordando che per un figlio amareggiat­o al punto da volersi disfare della medaglia d’oro paterna per soli 100 mila euro, c’è sempre una fedele governante, come la Gina Tiossi di Montale, che a Pavia donò i preziosi manoscritt­i del poeta gratuitame­nte. Gratuitame­nte sottolinea­to.

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