Niente tetti, petrolio ai minimi
Mancati tagli alla produzione, il Brent va sotto i 41 dollari
Il petrolio fa un salto indietro all’inizio del 2009, nel pieno della Grande Recessione: il Brent ieri è scivolato sotto quota 41 dollari al barile, mentre il Wti, il greggio di riferimento sul mercato americano, è sceso sotto il tetto di 38 dollari al barile. Le quotazioni sono tornate ai livelli di quasi 7 anni fa, con contrazioni superiori al 5% in un solo giorno.
La flessione deriva dal mancato accordo, durante la riunione dell’Opec a Vienna venerdì scorso, di lasciare invariata la produzione di petrolio a dispetto dell’eccesso di offerta e scorte (secondo l’Agenzia internazionale per l’Energia le riserve nei Paesi avanzati hanno quasi raggiunto i 3 miliardi di barili). In seno all'Organizzazione dei Paesi produttori si scontrano due fazioni: una guidata dall’Arabia Saudita, il maggiore esportatore mondiale, che non vuole ridurre la sua produzione davanti alle resistenze di fare altrettanto del gruppo capeggiato da Iraq e Iran, dal momento che Teheran si prepara ad aumentare il suo export di petrolio quando cadranno le sanzioni legate ai suo programma nucleare.
A indebolire le quotazioni del greggio contribuisce anche il rafforzamento del dollaro, in attesa di un ormai probabile rialzo dei tassi americani da parte della Federal Reserve il 16 dicembre. E in un mercato molto volatile perfino il meteo, con previsioni di tempo mite, pesa sulle quotazioni. Con inevitabili ripercussioni in Borsa, dove i titoli energetici hanno chiuso con forti ribassi, pesando sui listini in Europa e a Wall Street.
Se Oltreoceano gli automobilisti americani festeggiano, il petrolio low cost rischia di rovinare i piani del presidente della Bce, Mario Draghi. Nell’ultima riunione del 3 dicembre, la Banca centrale europea ha corretto al ribasso le stime dell’inflazione di nuovo. Ma in un mondo con i prezzi dell’energia in caduta continua, diventa sempre più difficile riportare l’inflazione della zona euro vicino al 2%.