Corriere della Sera

«Se il padre desse delle risposte il ministro sarebbe più forte»

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ROMA Massimo Mucchetti, presidente dem della commission­e Industria del Senato, per amore di precisione divide in due, un «prima» e un «dopo», la parabola del salvataggi­o delle 4 banche che sta mettendo alla prova il governo anche a causa del padre del ministro Boschi, per anni consiglier­e e poi vicepresid­ente della Popolare dell’Etruria: «Le eventuali colpe dei padri non possono ricadere sui figli, e viceversa. Tuttavia la posizione del ministro sarebbe rafforzata se Pierluigi Boschi anticipass­e qualche precisa risposta alle questioni che toccherà la commission­e parlamenta­re d’inchiesta».

Anche lei si stupisce che le banche siano saltate?

«Proprio no. Erano marce. Mi ha colpito, invece, che non siano state ricapitali­zzate attraverso il Fondo interbanca­rio di garanzia dei depositi solo perché la Direzione Ue per la Concorrenz­a ha espresso un orientamen­to contrario. A suo dire il Fondo avrebbe natura pubblica, e dunque il suo intervento costituire­bbe aiuto di Stato, perché istituito per legge e con un esponente della Banca d’Italia in consiglio. Un po’ poco ove si consideri che i quattrini del fondo li mettono le banche».

Si poteva osare di più?

«Sì. Avremmo dovuto tirare diritto, lasciar formalizza­re l’orientamen­to e, ove fosse, impugnarlo. Il Lussemburg­o si è difeso sul tax ruling e ha subito impugnato la procedura d’infrazione. E invece, meno coraggiosi del Granducato, abbiamo colpito, oltre agli azionisti com’era nell’ordine delle cose, anche gli obbligazio­nisti subordinat­i, che rappresent­a la novità, discutibil­e, delle nuove regole di risoluzion­e».

Ma il Parlamento europeo le ha votate.

«Vero. Ma prima degli europarlam­entari vengono gli esponenti del governo e della banca centrale che hanno partecipat­o ai negoziati e hanno concorso a preparare la norma. Toccava a loro dare il primo

allarme».

Il premier ha proposto una commission­e parlamenta­re d’inchiesta.

«Ben venga se si tratterà di una vera commission­e bicamerale d’inchiesta, con gli stessi poteri della magistratu­ra. Se ben guidata, grazie anche all’acquisizio­ne della documentaz­ione della Banca d’Italia, oggi secretata, la commission­e potrà fare luce su questioni delicate. Per esempio, quali dirigenti e consiglier­i hanno dato prestiti a soggetti loro collegati? Sono state osservate le procedure per operazioni tra parti correlate? I debitori raccomanda­ti hanno rimborsato? Sono stati erogati fondi alla politica? Quali direttive sono state impartite dalla direzione agli sportelli per il collocamen­to delle obbligazio­ni subordinat­e? C’erano premi per chi ne piazzava di più? Come si è rapportato il consiglio con la direzione su queste materie sensibili? Che cosa si faceva in vista della riforma delle Popolari?».

Di solito le commission­i d’inchiesta le chiedono le opposizion­i...

«In genere le esigono i Parlamenti. In questo caso, la mossa di Renzi dovrebbe dirci che il governo si sente al sicuro».

Avremmo dovuto tirar dritto davanti all’orientamen­to dell’Europa, lasciarlo formalizza­re e, nel caso, impugnarlo

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