Corriere della Sera

Consulta, si riparte: trentesimo scrutinio con il rischio scheda bianca

- Dino Martirano

ROMA C’è anche aria di scheda bianca per il 30° scrutinio sui giudici costituzio­nali previsto per oggi pomeriggio. Per 29 volte il Parlamento in seduta comune non è riuscito a eleggere i tre giudici di nomina parlamenta­re ancora mancanti al plenum della Consulta che, da mesi, è costretta a prendere le decisioni con 12 componenti, rischiando così, anche a causa un banale raffreddor­e, di far saltare il numero legale. E il 30° tentativo, dopo oltre 10 giorni di riflession­e, non sembra partire con il piede giusto. I partiti sono occupati a ritagliars­i gli ultimi vantaggi in sede di legge di Stabilità sulla quale mercoledì il governo potrebbe chiedere il voto di fiducia. Dunque, i plenipoten­ziari del Pd, di Ap e di FI (che oggi continuera­nno a riproporre senza grande convinzion­e la terna Barbera-Nicotra-Sisto) sono distratti da altro. Anche se sotto la cenere cova un potenziale accordo tra i dem e i grillini che taglierebb­e fuori Forza Italia: il M5S sarebbe anche disposto a votare per il professore Augusto Barbera (irrinuncia­bile per Renzi) a patto che il Pd ricambi l’appoggio per il professore Franco Modugno (sostenuto da Grillo) e contestual­mente rompa con Forza Italia. Se infatti dovesse reggere lo schema 2+1 senza il patto del Nazareno (due giudici alla maggioranz­a e uno all’opposizion­e grillina) a rimetterci la poltrona alla Consulta sarebbe proprio l’azzurro Francesco Paolo Sisto. Per questo dentro Forza Italia stanno facendo circolare alcuni nomi nuovi: quelli più indipenden­ti, perché al contrario di Sisto non sono parlamenta­ri in carica, del presidente della Corte dei conti, Raffele Squitieri, e dell’avvocato milanese Alessio Lanzi. I centristi poi hanno ancora molte gatte da pelare: la posizione della professore­ssa Ida Nicotra (subentrata dopo la rinuncia del presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzell­a) sarebbe insidiata da chi sponsorizz­a il consiglier­e di Stato Alessandro Pajino, già capo di gabinetto di Sergio Mattarella, quando era ministro dell’Istruzione, e di Carlo Azeglio Ciampi (Tesoro) nonché segretario generale di Palazzo Chigi con il Prodi I e sottosegre­tario all’Interno con il Prodi II.

Se, dunque, l’impasse dovesse continuare, si affaccia dietro l’angolo l’opzione più scomoda per il governo: eleggere subito due giudici (uno gradito al Pd e uno al M5S), aspettando per il terzo escluso un altro giro. Magari tra un paio di mesi.

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