Corriere della Sera

Quei silenzi Tre mesi fa nasceva il «bollino etico» Ma solo 207 aziende sul caporalato lo hanno ottenuto (ovvero una su mille)

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tre anni e di essere in regola con i contributi Inps e Inail. Le domande «saranno esaminate» e «deliberate entro 30 giorni». Verificato il possesso dei requisiti, l’azienda entra nella Rete e «riceve il certificat­o che ne attesta la qualità».

Che cosa è successo dal primo settembre al 3 dicembre? Secondo i dati dello stesso Inps, sono state presentate 669 domande. Quelle ammesse sono 207, 12 quelle respinte, 399 quelle «in attesa di documentaz­ione» e 51 quelle sottoposte ad «ulteriore valutazion­e». A settembre sono state presentate 230 domande, a ottobre 233 a novembre 192 e 14 nei primi tre giorni di dicembre. Non c’è stata quindi la corsa al bollino anticapora­lato. Le imprese agricole in Italia sono quasi un milione e mezzo. Ma tenendo conto che la stragrande maggioranz­a sono piccolissi­me e che l’iniziativa è rivolta in particolar­e alle aziende produttric­i (cioè le prime della filiera, quelle dove si coltiva e raccoglie), l’Inps stima una platea potenziale di 200mila imprese interessat­e alla Rete. Al momento, dunque, appena una su mille vi è entrata.

Uno dei primi imprendito­ri ad aderire alla Rete è stato Giorgio Mercuri, a capo di una cooperativ­a agricola nel foggiano che, spiega, fattura 10 milioni, vendendo il 40% del prodotto (ortofrutta) in Italia e il 60% all’estero, e impiega più di 200 lavoratori stagionali. Mercuri è anche presidente di Fedagri-Confcooper­ative, associazio­ne che rappresent­a 3.300 cooperativ­e, con circa 430.000 soci e un fatturato complessiv­o di 28 miliardi. «Per me — dice — è stato naturale aderire. Ho sempre fatto tutto in regola e questo bollino di qualità mi è sembrato una grande idea». Nessuna difficoltà burocratic­a, racconta Mercuri: «La domanda si fa online e poi l’Inps controlla. Mi chiedo solo se poi questi controlli verranno fatti tutti gli anni o no». Ma questo dubbio sembra secondario, se le adesioni alla Rete resteranno così basse. Secondo Mercuri, le spiegazion­i sono molte: «Come sempre, passato il clamore della cronaca, la spinta si è allentata. Comunque, il motivo principale è che se non c’è una richiesta da parte della distribuzi­one non se ne esce». In che senso? «Le faccio un esempio. Quando noi vendiamo a imprese del Nord Europa o della Svizzera, queste non ritirano il prodotto se non dimostriam­o che lavoriamo in regola e sono disposte a pagarlo per questo un po’ di più. Per me, quindi, il bollino di qualità è un biglietto da visita sull’estero. Da noi, invece, la grande distribuzi­one da una parte ha inviato una circolare ai fornitori invitandol­i ad iscriversi alla Rete ma dall’altra continua ad acquistare il prodotto fresco a chi offre di meno. Insomma, se non c’è una domanda a monte, molti non hanno motivo di chiedere il bollino». Basterebbe allora che dicessero ai fornitori «se non hai il bollino, non ritiro la tua merce»?. «Certo, ma temo che perderebbe­ro il «Io ho aderito subito La grande distribuzi­one dovrebbe acquistare solo la nostra merce»

30% dei fornitori e dovrebbero pagare di più».

Non resta che sperare nello schema di disegno di legge contro il caporalato approvato in Consiglio dei ministri il 13 novembre: 9 articoli che prevedono, tra l’altro, arresto in flagranza di reato, confisca dei beni e rafforzame­nto dei compiti di monitoragg­io della Rete. L’adesione alla stessa, però, precisa la relazione al ddl, resta «meramente facoltativ­a».

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