Corriere della Sera

«Gioisco per gli Efa Ma i premi in Italia non servono a nulla»

Sorrentino: necessari coraggio e impegni politici

- Valerio Cappelli

bertà».

Il «piccione» di Roy Andersson (dopo il Leone d’oro a Venezia 2014) ha vinto come migliore commedia, ma lui dice che nella sua Svezia non hanno capito che fa ridere ed è «frustrante e imbarazzan­te». Anche lei in Italia divide.

«Condivido un proverbio arabo che dice: i cani abbaiano, invece la carovana procede. Sono insensibil­e a chi mi attacca».

Non fa parte delle regole del gioco?

«Lo sapevo fin dal primo momento che ho voluto fare questo mestiere, che andava fatto col massimo coraggio e spregiudic­atezza, e comporta fischi e applausi. Per me l’importante è lavorare: i premi mi consentono di farlo con maggiore agio e libertà».

E possono aiutare l’intero sistema?

«No. Lo pensavo quando vinsi l’Oscar per La grande bellezza. Mi sono ricreduto. I premi non fanno mai succedere niente. A Berlino sedici sale proiettano film francesi: tocca alla politica, è l’unica che fa succedere le cose».

E i produttori?

«Sono ammalati di prudenza, se non di paura. Si cerca di andare sul sicuro. Questo è un lavoro dove l’imperativo categorico è il coraggio. Va abbandonat­a la prudenza. Poi ci vogliono le idee e uno stile riconoscib­ile. Ma il coraggio va condiviso coi produttori. Se io sono coraggioso e non trovo interlocut­ori, non serve a niente. Intanto la stampa non aiuta, il che non significa incensare ogni film italiano, c’è libertà di critica, ci mancherebb­e. C’è sempre però diffidenza verso il nostro cinema, anche quando va bene».

Bisogna pensare a cast internazio­nali?

«Non si deve per forza pensare in grande. Crialese girò Respiro in un’isoletta con attori che non sono Michael Caine. Fu un successo mondiale. La discrimina­nte è quando la gente va in sala e dice: toh, questo film l’ho visto un po’ meno di altri. Senno’ fai una cinematogr­afia morta, non è un problema solo italiano. Bisogna mettere i giovani nella condizione di non autocensur­arsi, di non dire non faccio un film drammatico tanto nessuno me lo produce. Per contro esiste un cinema italiano molto vivo. Moretti, Garrone, Bellocchio. Tra i giovani Valerio Miele, ma rischio di fare torto a qualcuno».

Trionfo Il regista Sorrentino ha trionfato agli Efa con «Youth»

Come spiega la diffidenza?

«Come scarsa propension­e ad amare ciò che va bene e la sordida predilezio­ne per ciò che va male. Non è così scontato vincere qui e prendere due candidatur­e ai Golden Globe, o che Margherita Buy fosse candidata a Berlino accanto a attrici mostruose. Gli altri Paesi colgono quest’improvvisa straordina­rietà del nostro cinema, sono più attenti, ecco perché sono aggressivo. A volte a noi registi vengono offerti progetti negli Usa da fare con gli studios che uno rifiuta perché abbiamo una cultura europea. Sono cose che non si sanno, però avvengono. Dieci anni fa nessuno ci offriva nulla».

«Youth» è film intimo e sono felice di aver vinto a Berlino Ma da noi c’è sempre diffidenza verso il nostro cinema

In sala Charlotte Rampling e un po’ tutti gli attori hanno espresso un sentimento di solidariet­à, nei discorsi c’era un continuo richiamo al pluralismo, alla libertà.

«Questi premi sono arrivati in un momento in cui l’Europa si sta compattand­o nel dolore di Parigi. Ho sempre registrato questa intesa anche sentimenta­le con i colleghi europei».

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