Corriere della Sera

Mancio e la Squadra speciale Così è nato il primo strappo

Il collettivo e le invenzioni del tecnico. «Sì, crediamo allo scudetto»

- Alessandro Pasini

Una «famiglia con tanti capi» (Melo). Un gruppo fondato sulle « connession­i » (Mancini). Una compagnia di buontempon­i sempre con la mano sotto il mento, secondo la filosofia del nuovo maître à penser Brozovic. Ma soprattutt­o, ed è l’unica cosa che conta, una Squadra. Questo è l’Inter che ha creato il primo strappo della stagione a più 4, suo vantaggio massimo finora.

Una Squadra che gioca e funziona in ogni condizione, con qualsiasi sistema e attore. L’ultimo, il 24° del cast, è stato Martin Montoya, che forse a gennaio se ne andrà ma che intanto a Udine non ha tradito. Le statistich­e dicono che è stato l’interista con più palloni giocati, più cross, più occasioni create, più intercetti e più falli subiti. Fatalmente, è stato pure quello con più palle perse, ma come si dice? Sbaglia solo chi fa, e all’Inter qualcosa prima o poi fanno tutti.

Appunti sparsi dal Friuli lo confermano. Icardi e Jovetic, al sesto tentativo, hanno finalmente segnato entrambi nella stessa partita; la difesa, la migliore della serie A, non ha preso gol per 11 volte su 16, record in Europa; il modulo resta un canovaccio flessibile: da tre partite l’Inter gioca con un 4-4-2 difensivo che in fase offensiva si sviluppa in un 4-23-1 oppure, come a Udine, in un 4-2-4 quasi provocator­io nei confronti di chi la ritiene solo brutta, cinica e sparagnina. La capolista sabato aveva quattro attaccanti, un finto mediano come Guarin e due terzini di spinta come Montoya e Telles. L’assetto — che il Mancio vorrebbe stabilizza­re per il resto della stagione — espone a qualche rischio, ma lo stato di grazia di Handanovic e l’affidabili­tà della coppia

Trazione anteriore

Mai così sbilanciat­a come a Udine: fondata la difesa, è partita la svolta offensivis­ta

Miranda-Murillo chiudono tutte le falle, mentre l’adattabili­tà generale permette di modificare in corsa l’identità tattica: l’Inter ha il 53,9% di possesso palla medio, ma a Udine non ha avuto problemi a scendere al 46,9%. «Se c’è da soffrire bisogna saperlo fare», dice Mancini. E i suoi eseguono.

Una Squadra così è difficile da prendere e da prevedere: la immagini in un modo e ti finisce in un altro, salvo poi lasciarti perplesso come Colantuono, convinto che la sua Udinese non meritasse di perdere. Ma qui emerge un’altra qualità nerazzurra: non sempre sugli errori delle difese gli attacchi colpiscono, sabato l’Inter ne ha approfitta­to, feroce e bella, tre volte su tre. Vorrà dire qualcosa? Secondo Jovetic, portavoce di un sentire comune nello spogliatoi­o, questo: «Vogliamo lo scudetto. Perché non dovremmo crederci?». Già. Controindi­cazioni, a oggi, non ne vediamo.

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EpicBrozo & co. L’esultanza di Telles, Brozovic e Guarin a Udine con la posa resa famosa dal centrocamp­ista croato sui social (Liverani)

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