Mancio e la Squadra speciale Così è nato il primo strappo
Il collettivo e le invenzioni del tecnico. «Sì, crediamo allo scudetto»
Una «famiglia con tanti capi» (Melo). Un gruppo fondato sulle « connessioni » (Mancini). Una compagnia di buontemponi sempre con la mano sotto il mento, secondo la filosofia del nuovo maître à penser Brozovic. Ma soprattutto, ed è l’unica cosa che conta, una Squadra. Questo è l’Inter che ha creato il primo strappo della stagione a più 4, suo vantaggio massimo finora.
Una Squadra che gioca e funziona in ogni condizione, con qualsiasi sistema e attore. L’ultimo, il 24° del cast, è stato Martin Montoya, che forse a gennaio se ne andrà ma che intanto a Udine non ha tradito. Le statistiche dicono che è stato l’interista con più palloni giocati, più cross, più occasioni create, più intercetti e più falli subiti. Fatalmente, è stato pure quello con più palle perse, ma come si dice? Sbaglia solo chi fa, e all’Inter qualcosa prima o poi fanno tutti.
Appunti sparsi dal Friuli lo confermano. Icardi e Jovetic, al sesto tentativo, hanno finalmente segnato entrambi nella stessa partita; la difesa, la migliore della serie A, non ha preso gol per 11 volte su 16, record in Europa; il modulo resta un canovaccio flessibile: da tre partite l’Inter gioca con un 4-4-2 difensivo che in fase offensiva si sviluppa in un 4-23-1 oppure, come a Udine, in un 4-2-4 quasi provocatorio nei confronti di chi la ritiene solo brutta, cinica e sparagnina. La capolista sabato aveva quattro attaccanti, un finto mediano come Guarin e due terzini di spinta come Montoya e Telles. L’assetto — che il Mancio vorrebbe stabilizzare per il resto della stagione — espone a qualche rischio, ma lo stato di grazia di Handanovic e l’affidabilità della coppia
Trazione anteriore
Mai così sbilanciata come a Udine: fondata la difesa, è partita la svolta offensivista
Miranda-Murillo chiudono tutte le falle, mentre l’adattabilità generale permette di modificare in corsa l’identità tattica: l’Inter ha il 53,9% di possesso palla medio, ma a Udine non ha avuto problemi a scendere al 46,9%. «Se c’è da soffrire bisogna saperlo fare», dice Mancini. E i suoi eseguono.
Una Squadra così è difficile da prendere e da prevedere: la immagini in un modo e ti finisce in un altro, salvo poi lasciarti perplesso come Colantuono, convinto che la sua Udinese non meritasse di perdere. Ma qui emerge un’altra qualità nerazzurra: non sempre sugli errori delle difese gli attacchi colpiscono, sabato l’Inter ne ha approfittato, feroce e bella, tre volte su tre. Vorrà dire qualcosa? Secondo Jovetic, portavoce di un sentire comune nello spogliatoio, questo: «Vogliamo lo scudetto. Perché non dovremmo crederci?». Già. Controindicazioni, a oggi, non ne vediamo.