Obama: «Stiamo colpendo duro l’Isis Ma dobbiamo muoverci più in fretta»
Il presidente rivendica la sua strategia e chiede ai Paesi arabi di fare di più
NEW YORK L’Isis non è mai stata così colpita dagli Usa e dai suoi alleati. Ma non basta. «Siamo tutti consapevoli che dobbiamo fare di più e più velocemente. Noi americani stiamo già facendo di più, così come i nostri alleati, Francia, Germania, Regno Unito, Australia e Italia. È necessario che lo facciano anche gli altri partner della coalizione». Barack Obama legge una breve dichiarazione davanti alle telecamere all’ora di pranzo, subito dopo una riunione al Pentagono, con il segretario alla Difesa Ash Carter e i generali che guidano le operazioni in Iraq e in Siria. Poco prima un sondaggio condotto da Cnn/Orc aveva riassunto l’inquietudine dell’opinione pubblica: il 60% degli intervistati boccia la strategia antiterrorismo della Casa Bianca.
Il presidente si è sforzato di rassicurare gli americani. «La nostra offensiva è più dura che mai». A novembre «sono state sganciate più bombe che in qualsiasi altro periodo dell’anno». L’Isis «ha perso il 40% delle aree controllate in Iraq» e lo stesso accade in Siria. «Stiamo colpendo a uno a uno i leader». Di seguito Obama ha lanciato un avvertimento ai terroristi: «Non potete più nascondervi, sarete i prossimi a essere colpiti, uno dopo l’altro». Più generiche le frasi sulle prossime mosse. La strategia militare rimane invariata: attacchi mirati, «chirurgici», ma più intensi. Obama, invece, punta a una svolta
Il 60 per cento degli intervistati boccia la politica antiterrorismo della Casa Bianca
sul piano diplomatico. È sicuro di poter contare su un sostegno ancora più convinto da parte degli «alleati» occidentali, Italia compresa. Nello stesso tempo si prepara a lavorare nelle due direzioni più difficili per dare sostanza al fronte militare anti-Isis. John Kerry oggi sarà a Mosca per discutere con il presidente Putin e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov proprio di Siria. In parallelo il segretario alla Difesa Carter viaggerà in Medio Oriente «per ottenere maggiori contributi militari», ha annunciato Obama.
Il problema con la Russia è sempre il medesimo: convincere Putin almeno a ridimensionare il ruolo del presidente siriano, Bashar al Assad. Ma, in questa fase, l’attenzione della Casa Bianca è concentrata soprattutto sulla risposta del Medio Oriente. Il presidente, di fatto, ha contrapposto la disponibilità dei Paesi europei con la riluttanza dei partner arabi. E in effetti, nel corso della riunione al Pentagono, i generali hanno spiegato al presidente che i governi regionali hanno drasticamente ridotto le operazioni sul campo.
Qualche esempio: l’Arabia Saudita, impegnata in forze nello Yemen, è praticamente assente sul versante anti-Isis. Nell’ultimo semestre Riad ha ordinato non più di una missione militare al mese contro obiettivi dello Stato Islamico. Ancora più tenue lo sforzo degli Emirati Arabi. La Giordania ha interrotto gli attacchi contro le basi terroristiche in agosto; il Bahrain a ottobre.
Una situazione non più sostenibile, è il secondo messaggio di Obama. Il primo è sempre lo stesso: gli Stati Uniti «vinceranno» anche questa volta.
Il sondaggio