INTERVENTI E REPLICHE
Quando l’inflazione era a una o a due cifre
A proposito di inflazione e deflazione ( Corriere, 10 dicembre) io, ormai ultraottantenne, posso dire che l’Italia è cresciuta quando l’inflazione era tra il 5% e il 7% e lavoro e fiducia non mancavano. L’inflazione serviva allora per pagare un mutuo per la casa e se — dopo 8/10 anni — nasceva un figlio, la madre poteva prendere alcuni anni «sabbatici», perché la rata non era più tanto gravosa. Con una inflazione del 5-7% gli imperi finanziari erano costretti a utilizzare le finanze: se lasciate inoperose, si decimavano. Gli immobili si rivelavano gli investimenti migliori perché si rivalutavano e l’acquisto di una seconda e terza casa era un sicuro risparmio per la vecchiaia. I figli non chiedevano aiuto ai genitori, perché non ne avevano necessità. La casa che ho acquistato con un mutuo di 50 milioni tra il 1976 e 1980 mi era costata 90 milioni di lire (45.000 euro) e ora vale 15 volte di più! Oggi i grandi
finanzieri non costruiscono più perché gli immobili, con inflazione zero, non rendono e quindi si accontentano del rendimenti di qualche punto percentuale, in attesa qualche colpo grosso. E pensare che negli anni passati (a parte fra il 1975/1980 con inflazione a 2 cifre) gli immobili valevano il 20% del Pil, mentre oggi il mercato è del tutto fermo! L’insolvenza di certe banche non dipende — secondo me — da pochi spiccioli, cioè, ad esempio, dalle perdite causate dai disoccupati, ma dal fatto che gli istituti di credito hanno prestato importi esagerati ad amici e ad amici degli amici, che ora non rimborsano i loro debiti. In definitiva, a pagare sono i poveri disgraziati che vengono pure sfrattati dalle loro case, nonostante abbiano magari già pagato il 50% dei loro immobili! E la politica succube (o partecipe?) non fa nulla!
Igi Benedetti, igi.ben@gmail.com
Assistenza sanitaria nelle scuole
C’era una volta la medicina scolastica. Un medico aveva in carico tre o quattro istituti scolastici, faceva una serie di screening (vista,
udito, peso, altezza) in prima e terza elementare, valutava con gli insegnanti i possibili controlli presso la neuropsichiatria infantile o ad altri servizi del territorio. Conosceva i dirigenti, la maggior parte degli insegnanti ed anche i pediatri di base. Prima ancora esisteva anche l’assistente sanitaria visitatrice — questo era il nome della sua qualifica — che costituiva un filtro precedente a quello del medico. Oggi c’è un solo medico scolastico per ciascun distretto sanitario: da noi è una brava persona e un bravo medico, ma è uno per 4 o 5 mila alunni. I genitori romeni e degli altri Paesi dell’Europa orientale ci dicono che — nel caos di quelle nazioni — il medico scolastico esiste ancora. Le Asl rispondono che la stessa funzione viene esercitata dai pediatri di base, che però hanno in media più di mille piccoli mutuati. Viene un dubbio: se oggi si risparmia qualcosa, tagliando sulla medicina scolastica, non è che domani avremo dei costi in più ben maggiori? Disturbi alimentari, disagio sociale, diagnosi ritardate di disturbi dell’apprendimento.
Lorenzo Picunio, lorenzo.picunio@gmail.com