Corriere della Sera

Una giornata nel caos di Los Angeles Mille scuole chiuse per colpa di un’email

Messaggio «jihadista», mezza città paralizzat­a. New York: «Per noi la minaccia non era credibile»

- DAL NOSTRO INVIATO Matteo Persivale

Come si fa ad avvisare a pochi minuti dall’inizio delle lezioni i genitori di 640.000 studenti del secondo distretto scolastico americano, 1.087 istituti in un’area di 1865 chilometri quadrati, che la scuola è chiusa per motivi di sicurezza? Con una telefonata: un messaggio registrato, in inglese e spagnolo, inviato via computer.

Troppo poco per fermare quell’esercito di bambini e ragazzi già usciti di casa, che ieri sono stati rimandati indietro — paralizzan­do mezza città — per una minaccia ricevuta dal distretto scolastico LAUSD alle 22 dell’altro ieri. Una mail di presunti jihadisti che indicava un imminente attacco, ricevuta anche da un distretto scolastico di New York che però non l’ha considerat­a abbastanza credibile. E così, mentre dieci bidelli cercavano di gestire, dal marciapied­e o dal parcheggio della scuola chiusa, quel flusso di studenti da rimandare a casa e di genitori da rintraccia­re, è esplosa inevitabil­e una polemica doppia.

Prima il derby Los Angeles-New York, che dallo sport al meteo fino agli stili di vita non passa mai di attualità in America. Da una parte il Police Commission­er di New York William Bratton, architetto della «tolleranza zero» anni 90 del sindaco Rudy Giuliani che ha cambiato il volto di New York: «Abbiamo ricevuto la stessa minaccia anche qui, non l’abbiamo giudicata credibile». Dall’altra il collega di Los Angeles, Charlie Beck, e il sindaco Eric Garcetti: «Chi ha figli capisce l’importanza della prudenza». Una mozione degli affetti che passa però quasi subito per eccessivo allarmismo.

Dopo il derby New York-Los Angeles ecco quello politico, destrasini­stra: a poche ore da un nuovo dibattito dei candidati repubblica­ni alla presidenza (diretta tv da Las Vegas nella notte italiana), mentre tutti si domandavan­o cosa avrebbe inventato Donald Trump dopo l’idea delle frontiere chiuse ai musulmani. Al centro, con la calma di sempre, il presidente Obama (che a Los Angeles ha vissuto da ragazzo ai tempi dell’università). Informato della chiusura delle scuole, Obama ha offerto alla città l’appoggio degli organi federali — soprattutt­o artificier­i, per aiutare nelle lunghe operazioni di controllo di tutte quelle scuole, che continuera­nno ancora nella notte — pur guardandos­i dall’esprimere un’opinione sulla domanda di fondo: Los Angeles si è fermata per colpa di uno scherzo?

Di sicuro non erano uno scherzo tutte quelle fotografie di istituti

Lo sceriffo di Los Angeles Jim McDonald parla ai giornalist­i dopo lo stop delle lezioni. Gli scuolabus gialli fermi nei parcheggi e i cance l l i chiusi di uno dei 1.087 istituti del distretto.

Blocco

scolastici trovate dagli investigat­ori nel telefono di Syed Farook, lo stragista di San Bernardino. E di sicuro i mezzi pubblici di Los Angeles — molto scarsi, è una città che si muove costanteme­nte in auto — hanno cercato di fare il possibile: trasporti gratuiti per tutti gli studenti nella giornata di ieri. Ma questa serrata delle scuole per motivi di sicurezza ha reso evidente, ancora una volta, il racconto di due Americhe.

L’America di quelli che hanno un lavoro diurno con orari da ufficio,

un’auto, la possibilit­à di gestire in qualche modo, pur tra difficoltà, il rientro a casa imprevisto dei figli. E dall’altra parte l’America di quelli che non parlano né inglese né spagnolo, e magari lavorano di notte, e alle 7 e 10 di ieri mattina — quando è arrivata la telefonata del distretto scolastico — erano già usciti di casa da ore per andare al lavoro. L’America dei bambini che vanno a scuola da soli, prendendo più di un autobus, l’America dei genitori-parenti clandestin­i che non hanno documenti da presentare alle autorità scolastich­e per riportare a casa i propri figli, come è successo ieri. L’America del liceo più famoso del mondo grazie alla tv, il Beverly Hills High School del telefilm Beverly Hills 90210, che non appartiene neanche al distretto LAUSD. E dove ieri si faceva regolarmen­te lezione, con il preside David Jackson che spiegava gentilissi­mo al Corriere, davanti al prato all’inglese, che «non è il nostro distretto, Beverly Hills è al di fuori, come del resto Malibù. L’allarme coinvolge gli scuolabus, che noi non abbiamo... Capisco l’allarme ma bisogna reagire: noi per capodanno andremo a Londra in gita scolastica, felici di andarci e di stare nelle strade a mezzanotte».

Ma se nei cinema che stanno per ospitare la prima del nuovo Guerre stellari non si potrà andare mascherati e non si potranno portare zaini e anche le borsette verranno ispezionat­e all’ingresso, e se a poche ore dal dibattito delle primarie repubblica­ne di Las Vegas il primo a usare il termine preferito da George W. Bush («evil», malvagio, per definire l’autore delle minacce) è stato un democratic­o, il deputato california­no Brad Sherman, allora si capisce come sia ormai importante, per la politica, sapere se su uno degli scuolabus gialli del LAUSD ci fosse davvero una bomba oppure no.

È stata una decisione giusta. Il messaggio minacciava un attacco con fucili d’assalto. Non si trattava di decidere cosa mangiare per cena

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